Il Freccia Rossa per «andare giù»
Ascuola non ho mai capito perché i professori si mostrassero tolleranti per francesismi e anglicismi, ma stroncassero ogni forma in odore di bergamaschismo. Una volta beccai un 5 per aver scritto «tirarsi insieme», nel senso di riordinarsi e darsi un contegno. Secondo l’insegnante veniva dall’espressione vernacolare «tiret insema». Sollevai un’obiezione e gli misi sotto il naso un dizionario d’inglese con l’espressione «put you together», che tradotto alla lettera significa «tirati insieme». Obiezione respinta. Certe ferite non si cancellano e in tono di rivalsa spesso mi ritrovo a scendere sotto, salire sopra o peggio ancora entrare dentro. Giovedì in biglietteria mi scappa un «devo andare giù» a Pescara. La bigliettaia mi guarda male. Le chiedo di «mettermi giù» un piano di viaggio, lei alza gli occhi al cielo ma mi esaudisce. Alle 9.02 Bergamo-Milano. Alle 10.15 MilanoBologna in Freccia Rossa. Alle 11.42 Bologna-Pescara in Freccia Bianca. «A Bologna avrà un’attesa di 20 minuti», m’istruisce la signora, «lasso di tempo che le permetterà di portarsi dalla stazione sotterranea dell’alta velocità ai binari di superficie dove transita il treno per Pescara». Parto fiducioso ma alla stazione di Reggio Emilia il Freccia Rossa s’inchioda. Un altoparlante diffonde un messaggio. Sembra l’invocazione di beduini smarriti nel deserto che chiedono lumi ad Allah: «Stiamo chiedendo in sala controllo la ragione della nostra sosta». La ragione non si capisce ma il treno arriva a Bologna con 25 minuti di ritardo. Perdo la coincidenza, mi salta l’appuntamento e devo rinviare tutto al giorno successivo. Butto via 24 ore, ma non ho diritto a un rimborso perché il ritardo è sotto i 30 minuti. Potrò «avercela su» con Trenitalia?