Girava video hard La doppia vita del prof ucciso
Entratico, le telecamere nella cascina del delitto
Una stanza con sei telecamere, scatole di Viagra e Cialis. È anche sui filmati a luci rosse girati nella cascina di Entratico che gli inquirenti stanno scavando per fare luce sull’omicidio di Cosimo Errico. Il professore del Natta ucciso il 3 ottobre, 58 anni, li girava con altre persone, tutte adulte. I carabinieri del Nucleo investigativo stanno ora cercando di identificarle partendo dalle immagini. Alcune sarebbero già risultate estranee al delitto. Sembra invece perdere quota la pista dei lavoratori in nero arruolati per la gestione della cascina. L’attenzione si era concentrata su uno straniero in particolare, sul quale però non sono stati trovati riscontri. Anche alla luce di questo, gli investigatori si starebbero concentrando sulla vita privata della vittima. Errico è stato ucciso con un coltello mai ritrovato. L’assassino aveva poi dato fuoco al cadavere per cercare di cancellare le tracce.
La scena del delitto ha restituito agli inquirenti che indagano sull’omicidio di Cosimo Errico, il professore dell’istituto Natta ucciso il 3 ottobre a Entratico, diversi elementi. Molti sono all’attenzione del Ris con analisi di laboratorio che richiederanno il giusto tempo, se non altro per la mole di reperti inviata a Parma. Altri hanno spinto i carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo ad approfondire nell’immeditato alcune piste. Quella dei lavoratori in nero, ad esempio. Ma anche quella legata a filmati a luci rosse che — è emerso — Errico girava nella cascina dove è stato assassinato. Sono state trovate sei telecamere, diverse confezioni di Viagra e Cialis, e numerose registrazioni «hot», che ritraggono lui e alcune persone, tutte adulte, in una delle stanze del casolare che si affaccia sul Cherio.
Nell’indagine coordinata dal sostituto procuratore Carmen Santoro non filtrano conferme di nessun genere. La discrezione è massima. Gli inquirenti tendono anzi a sminuire le trasgressioni sessuali dell’insegnante, definito come un semplice «libertino». Non ci sarebbe alcun nesso, sostengono a livello ufficiale, tra questo aspetto della vita privata della vittima e l’omicidio. Da fonti ufficiose risulta invece che stia suscitando la massima attenzione. Verifiche sono in corso per risalire all’identità di tutte le persone che appaiono nelle immagini. Alcune sono già state rintracciate e sarebbero risultate estranee. Di altre ancora non si conosce il nome.
Era stato il figlio Simone, studente universitario, a scoprire il corpo semi carbonizzato di Errico, 58 anni. La moglie Gisella Borgonzoni, quel mercoledì, lo aspettava alle 21. Già un’ora dopo il telefonino squillava a vuoto. Il ragazzo aveva così raggiunto Entratico a mezzanotte e mezza per trovare la corrente staccata e, al primo piano, una volta riat- tivata l’elettricità, il cadavere del padre. Era steso supino in una stanza con all’esterno una sorta di deposito, a metà tra la cucina, il magazzino e la discarica. Un luogo ben diverso da come ci si immagina una fattoria didattica. L’arma del delitto, un coltello a lama piatta, non è ancora stato trovato. L’assassino ha colpito l’insegnate prima di spalle. Errico si è girato per tentare una disperata difesa e a quel punto è stato raggiunto alla gola. La ferita letale. L’idea che si sono fatti gli inquirenti è di una situazione degenerata con qualcuno che sapeva bene come muoversi nella struttura. Ha tentato di cancellare le tracce dando fuoco al corpo con la diavolina liquida. E prima di fuggire ha ab- bassato il contatore, tanto che in una primissima fase i medici e i vigili del fuoco avevano preso in considerazione anche l’ipotesi della morte per folgorazione. Che però è presto tramontata di fronte alle impronte sul pavimento lasciate da una scarpa che aveva calpestato sangue. Quella del killer, evidentemente.
All’alba, sono stati portati in caserma i lavoratori extracomunitari che Errico utilizzava per la cascina, a cominciare da due indiani di Casazza e un marocchino di Borgo Di Terzo. Il professore, che in passato aveva ricevuto alcune segnalazioni per omessi contributi, il più delle volte pagava in nero. Anche un richiedente asilo ospite del centro di accoglienza di Vigano San Martino, gestito dalla cooperativa Ruah, aveva dato una mano in qualche occasione. A lui, come agli altri, sono state sequestrate scarpe e biciclette per verificare l’eventuale presenza di tracce di sangue. Finora i sospetti, su questo fronte indirizzati in particolare su uno degli stranieri, non hanno trovato riscontro nei fatti. E anche questo sta spingendo gli investigatori a tenere in alta considerazione le altre piste, soprattutto quella sessuale.
Contattata al citofono dell’abitazione in via Bancalegno, in centro a Bergamo, la vedova di Errico ha scelto di mantenere il silenzio.
L’attività Gli inquirenti stanno cercando di dare un’identità alle persone riprese