Arte sociale: il volto della città da riscoprire
La Guida all’architettura della città curata da Maria Cristina Rodeschini e Michela Bassanelli
Linee, geometrie, curve, spigoli e scorci inusuali di cento edifici costruiti a Bergamo, dai primi del ‘900 a oggi, ridisegnano i tratti distintivi del volto della città moderna. Di questa città, degli architetti che ne hanno ridefinito gli spazi e i modelli abitativi, secondo i linguaggi innovativi del proprio tempo, e delle sue armonie architettoniche, si parla nella «Guida all’architettura di Bergamo 1900 - 2017». Curata da Maria Cristina Rodeschini e da Michela Bassanelli, sarà presentata venerdì alle 18 al gate 4 del Kilometro Rosso. Una scelta non casuale, dato che tra gli ultimi esempi citati compare anche il «muro rosso» ideato da Jean Nouvel tra il 2004 e il 2007. In quasi 300 pagine e 100 schede, composte ciascuna da due pagine — una dedicata alle informazioni principali e la seconda con apparato iconografico —, si fotografa il rapporto tra le forme dell’architettura e la città stessa. «Non è stato facile selezionare 100 casi di architettura», spiega Maria Cristina Rodeschini, che mise mano a questo lavoro due anni fa quando era ancora responsabile in Gamec. «Una guida c’era, era il volume Bergamo 1890 cent’anni di architettura 1990 di Bertelli, Brambilla e Invernizzi, che rappresenta il primo tentativo di catalogazione e sistematizzazione dell’architettura moderna e contemporanea della città, ma è esaurito e non è più riproducibile — continua la curatrice —. Questo studio sceglie gli edifici più rappresentativi, che parlano anche dei grandi architetti del ‘900, arrivando sino al 21° secolo». La guida, che sarà disponibile anche in inglese, si apre e chiude con due progetti di riconversione: la riconversione dell’area della Ex Fiera di Marcello Piacentini (1907), progetto che ha definito un nuovo centro per la città bassa, e l’intervento previsto per l’area delle ex caserme Montelungo-Colleoni, vinto dagli studi Barozzi e Veiga nel 2015. «L’intervento piacentiniano è la matrice della Bergamo moderna, con il Sentierone, i cannocchiali visivi su Città Alta, mai oscurata, e i criteri innovativi con cui si ridisegnò il centro», continua Rodeschini, elencando anche altri casi rappresentativi come il quartiere CEP (Comitato per l’Edilizia Popolare) di Monterosso. Ideato da due architetti esponenti del razionalismo italiano e milanese come Luigi Figini e Gino Pollini, «fece discutere, pur lasciando alla città un esempio colto del nuovo modello dell’abitare», dice. Al vaglio gli interventi più rappresentativi di architetti come Giovanni Muzio, Alziro Bergonzo, che progettò la Torre dei Venti e la Casa della Libertà, quelli di Giuseppe Pizzigoni, Sergio Invernizzi, Giuseppe Gambirasio e Vito Sonzogni, Luigi e Sandro Angelini, Sergio Crotti. «Dalla guida emerge la qualità dell’architettura e l’equilibrio tra la città moderna e antica, grazie alla capacità degli architetti di intervenire con intelligenza, rispettando la forma della città, divisa in alta e bassa, e i suoi borghi storici — conclude Rodeschini, anticipando che si lavorerà anche a un secondo volume sulle architetture moderne presenti in provincia —. L’architettura si afferma arte sociale».