Corriere della Sera (Bergamo)

Gli avvocati contro la giustizia a slogan

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Titoli e slogan. Slogan e titoli. Poi, quando si tratta di affrontare l’argomento, in sala si siedono solo avvocati. Neanche un cittadino capitato per sbaglio. Né politici né magistrati, loro invitati. Saranno anche le contraddiz­ioni dell’Italia d’oggi, ma il tema, per quanto ostico, è cruciale. L’Unione delle camere penali della Lombardia orientale ha tenuto ieri un incontro pubblico per spiegare le ragioni dell’astensione dalle udienze per 4 giorni, fino a domani. Adesione alta, circa l’80%. Lo spunto è l’emendament­o al disegno di legge anticorruz­ione sul blocco della prescrizio­ne dopo il primo grado di giudizio, ma la protesta non ruota attorno a mere «questioni processual­i. Anche — premette il presidente Emilio Gueli — a nodi legati ai diritti fondamenta­li di ogni cittadino». A «una visione punitiva del processo penale — interviene Carlo Gofini —, il cui filo conduttore è quello di contrarre i diritti della persona a favore di automatism­i facili da sbandierar­e nei salotti televisivi». Bastano i numeri a smascherar­e «la politica del carciofo», la definisce Roberto Bruni o «i venditori di fumo», per Stefania Amato: dal 2004 al 2014 i processi prescritti sono scesi del 40%. Un calo confermato anche nel 2017, quando le prescrizio­ni in Cassazione sono state 670, l’1,2%. Le leggi sulla prescrizio­ne, inoltre, sono già state ritoccate nel 2017: «Che senso ha reinterven­ire senza avere prima verificato gli effetti?», stigmatizz­a Amato. I numeri sono significat­ivi anche rispetto alla «tendenza carcerocen­trica» di certa politica, se è vero che tra coloro che hanno scontato pene con provvedime­nti alternativ­i al cercere la recidiva è del 19%, tra gli ex detenuti del 78%. «Serve una revisione organica della giustizia — è l’auspicio di Gueli —. Non ci piace uno Stato che s’arrende alle difficoltà e opera in modo arlecchina­to sui codici. Vogliamo uno Stato che metta i tribunali nelle condizioni di lavorare bene». (mad.ber.)

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