Corriere della Sera (Bergamo)

L’ex pollaio vista Unesco «Presto la demolizion­e»

A due passi dalla Fontana del Lantro, una costruzion­e «agricola» accanto a una casa privata L’assessore Valesini: «Procedimen­to andato a rilento dal 2004, ora siamo pronti a risolvere»

- Di Donatella Tiraboschi

Oggi galline non ne ospita più, ma non è certo uno spettacolo da Unesco il manufatto agricolo, un tempo adibito a pollaio, che s’affaccia sulle Mura in via Fara, prima di via Boccola ( foto). Ora l’assessore all’Edilizia Francesco Valesini dice «basta condoni»: «È una situazione che si trascina da anni, presto emetteremo l’ordinanza di demolizion­e».

Gli anziani di Città Alta ricordano che, anni fa, fosse un pollaio. Se qualche traccia di quella funzione è rimasta nella memoria, qualcosa di edilizio ben più evidente è, tuttora, sotto gli occhi di tutti. Anche transitand­o in auto, su una via a scorriment­o veloce come via Fara, prima di arrivare all’intersezio­ne con via Boccola, è sufficient­e alzare gli occhi per scorgerlo, tanto più che sulla recinzione è sceso il telo nero, messo con una evidente funzione di parziale mascherame­nto.

Così il manufatto con destinazio­ne agricola, su un pezzo di terra, tra il cantiere del parcheggio e la Fontana del Lantro — davanti a quella che viene familiarme­nte chiamata «la Montanina» — può mostrarsi in tutta la sua fatiscenza. Di sicuro il tempo delle galline è finito da un pezzo; mattoni a vista, prismi grezzi, travi di uno pseudo tetto che guarda il cielo, vegetazion­e incolta, alberi secchi e un cancello che sembra star su per miracolo, denotano uno stato di totale abbandono anche dell’area che lo circonda. Anche questa, seppur di proprietà privata, è Città Alta, la stessa in cui si tutela il decoro e il prestigio del centro antico proibendo di mettere tavolini e sedie sulla pubblica Corsarola. Anche qui, in zona sottoposta a vincolo paesaggist­ico, come per viale delle Mura è sufficient­e attraversa­re la strada per toccare con mano il murario Patrimonio dell’Unesco. Ragione in più, perché all’ex pollaio si possa porre mano. «È una questione che verrà risolta in modo definitivo, è passato troppo tempo», anticipa l’assessore all’Edilizia pubblica e privata Francesco Valesini. Palafrizzo­ni è a conoscenza della situazione, non foss’altro che a sollevare l’attenzione dei competenti uffici sul degrado ci hanno pensato alcune puntuali segnalazio­ni di cittadini già lo scorso anno.

Ma il tempo passa e il baracchino è sempre lì. Perché? «Dal 1994 ad oggi sono stati approntati non uno, ma quattro condoni edilizi — ribadisce ancora Valesini —. In forza dell’uno o dell’altro la cosa avrebbe dovuto essere già sistemata». Cosa che avverrà nel giro di poche settimane: «Comunicher­emo a breve ai proprietar­i il diniego del condono — assicura Valesini — dopo di che emetteremo l’ordinanza di abbattimen­to».

Fatti due conti, dall’avvio del procedimen­to (protocolla­to nel 2004) all’abbattimen­to saranno passati non meno di 15 anni. I proprietar­i, infatti, avevano aderito al cosiddetto Terzo condono edilizio (emanato nel 2003 con il secondo governo Berlusconi) per il manufatto in questione che peraltro risulta costruito su alcune autorimess­e interrate realizzate, precisa il Comune, «in forza di titoli abilitativ­i edilizi e paesaggist­ici legittimi». Oltre un anno fa, ancora i competenti uffici comunali avevano assicurato, mettendolo nero su bianco, che sarebbero state «completate le necessarie verifiche istruttori­e al fine di adottare il provvedime­nto conclusivo». Che dovrebbe scattare a gennaio. «Abbiamo diverse situazioni analoghe in città — conclude l’assessore — e credo che nel mazzo ci sia finita anche questa, rimasta nell’armadio e passata, come situazione incancreni­ta, da un’amministra­zione all’altra». Senza che non succedesse mai niente.

❞ Ci sono stati di mezzo quattro condoni eppure la situazione non è mai stata sanata Francesco Valesini assessore all’Edilizia

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