Nuovi arresti: Horvat traditi da Facebook
A oltre un anno dalla sparatoria, arrestati anche i rivali rom dei Nicolini Il socio sardo intercettato: «Uno doveva cadere, avrebbero imparato tutti»
Per la sparatoria di Trescore, a oltre un anno dall’arresto dei Nicolini, sono finite in cella altre sei persone. Tra loro, tre componenti della famiglia rivale Horvat (nella foto Principe, che si era nascosto nel baule dell’auto). I carabinieri hanno chiuso il cerchio anche attraverso le sfide lanciate via Facebook.
Nelle intercettazioni hanno parlato poco e questo «dimostra come abbiano esperienza nell’eludere le investigazioni», scrive il gip. Ma su Facebook, Nicolini e Horvat si sono lanciati sfide di guerra e, di recente, messaggi di pace. Quel palcoscenico sul quale esibire Lamborghini, Ferrari e belle case, si è ritorto contro di loro. Anche traducendo discorsi, analizzando volti e corporature, i carabinieri hanno chiuso il cerchio sulla sparatoria di Trescore dell’8 agosto 2017, finita con un Hummer e un’Alfa 169 lanciati a bomba contro l’Hummer dei rivali. Più di un anno dopo gli arresti di Giorgio Nicolini (ancora in carcere), della moglie Angelica Pellerini e dei figli Kevin ed Elvis, condannati a 10 anni e 8 mesi, 6 anni, 3 anni e 4 mesi e 3 anni e 1 mese, sono scattati altri sei arresti per tentato omicidio e detenzione illegale di armi.
Le famiglie
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere firmate dal gip Massimiliano Magliacani sono state eseguite alle 6. In via dei Rivi, a Trescore, per Desiderio Horvat, di 49 anni, e dei suoi figli Principe, di 28, e Fardi, di 26. A Mapello, per Maurizio Pittalis, 49 anni, socio di Principe nella gestione del ristorante La Barchetta, di Mozzo. Ma anche il fronte dei Nicolini non era completo: in cella sono finiti Gimmi Nicolini, 46 anni, di San Paolo d’Argon, ed Elia Hudorovich, 27 anni, di Boltiere, cugino. Tutti, secondo le indagini dei carabinieri coordinati dal pm Antonio Pansa, spararono.
Ville super sorvegliate
Divani in pelle e lampadari di cristallo. Dentro, gli Horvat dormivano, ieri all’alba. Ma dai sei monitor del sistema di videosorveglianza si sono accorti dell’arrivo dei carabinieri (cinquanta in azione, più l’elicottero) che hanno circondato la villa. «Principe», è scritto a caratteri giganti sopra uno degli ingressi. Nella sua immagine-profilo di Facebook, il giovane è accanto a una Ferrari rossa. È ritenuto la nuova leva della famiglia. Forse, anche per questo non voleva finire in arresto. Si è infilato nel garage e, invano, si è nascosto nella sua Audi A4 bianca station wagon. Principe, è la ricostruzione della vicenda riassunta nell’ordinanza, il giorno prima della sparatoria dà appuntamento ai Nicolini via Facebook. Gimmi, che sul social si fa chiamare Stefan Salvatore (come uno dei protagonisti della serie Vampire Diaries’s), accetta. Ma si raccomanda di non essere «rumorosi». I carabinieri lo traducono in «senza pistole». In caso contrario, dice Gimmi, «porterò anch’io».
I ruoli e gli spari
Nel filmato della sparatoria si era vista solo una parte dello scontro. Mancavano altre auto e persone (30 in tutto sulla scena), rimaste fuori dal raggio delle telecamere. Come chi guidava la Croma, la prima da cui partirono gli spari: Pittalis, è negli atti, a casa del quale sono stati trovati 130 proiettili. I Nicolini reagirono, sparando (20 colpi) e lanciando l’Hummer camouflage e l’Alfa contro l’Hummer dei rivali (in realtà, dentro c’erano i buttafuori che lavoravano per gli Horvat). Partirono spari anche da una Volkswagen Golf bianca: all’interno, sempre dalle indagini, si trovavano Principe, Desiderio e Fardi Horvat. Gimmi Nicolini era sull’Hummer camouflage (con Kevin) e, una volta sceso, impugnava una pistola. C’era anche una Citroen Xsara Picasso, vicino all’ufficio postale. Da lì spararono contro la Croma: a bordo, Elia Hudorovich (atti al pm per valutare la posizione degli altri tre in auto con lui).
Le intercettazioni
I nuovi arresti arrivano a oltre un anno dai fatti. Ma l’attualità, ravvisa il gip, è in una frase intercettata. Il 4 aprile 2018, Principe rammenta che «lo scontro con la famiglia Nicolini non si è ancora chiuso». Quanto alla pericolosità, Pittalis, a marzo 2018, dice alla moglie: «Uno doveva cadere. Avrebbero imparato tutti». Il giudice traduce con «uccidere».
«Tre anni di guerra»
«Dissidi, mancato riconoscimento della supremazia di una famiglia, rivalse» sono le origini della sparatoria riassunte dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota e dal comandante della Compagnia dei carabinieri di Bergamo, Dario Di Iorio. Nelle mani di «gruppi pericolosi», ha rimarcato il comandante provinciale Paolo Storoni. Quelli di Trescore sono fatti «gravissimi» che il gip colloca in «una guerra» tra le due famiglie lunga tre anni. Usa termini come «professionalità delinquenziale» e «capacità criminale». Il movente è il «bisogno naturale e insopprimibile di difendere i propri parenti dalle minacce di morte reciprocamente poste in essere e di vendicare le aggressioni subite». L’avvocato Stefano Grolla, di Vicenza, incontrerà oggi Gimmi Nicolini. La difesa degli Horvat (Giuseppe Mussumeci e Andrea Alberti) valuterà gli atti. Cercato, non è stato possibile parlare con l’avvocato Fabio Marongiu per Pittalis.
Nascosto nel baule All’arrivo dei carabinieri Principe Horvat è sceso in garage e si è infilato nella sua Audi A4