Corriere della Sera (Bergamo)

I tumori per l’amianto 50 anni dopo

L’Ats fa il punto sul mesoteliom­a: ha colpito i lavoratori che utilizzava­no il materiale, ma anche le loro mogli

- Fabio Paravisi

Il tumore causato dall’amianto si manifesta a distanza, perché ha un periodo di latenza che varia dai 20 ai 50 anni. L’Ats fa il punto sul mesoteliom­a che ha colpito non solo i lavoratori che utilizzava­no il materiale, ma anche i familiari.

Il mesoteliom­a sa aspettare, anche cinquant’anni. Ma poi quando colpisce non lascia scampo: le microfibre di amianto accumulate­si nel corpo si trasforman­o in un tumore maligno e aggressivo che colpisce il peritoneo e la pleura, ma anche il pericardio e i testicoli. Le terapie e la chirurgia possono allungare la vita al massimo di tre mesi, ma non ne migliorano la qualità, e si può sopravvive­re un anno e mezzo, massimo due. Dati che fanno venire i brividi, quelli esposti nella giornata di studio di ieri all’Ats. Anche perché il livello di incidenza in provincia di Bergamo è di 6,4 nuovi casi ogni 100 mila abitanti ogni anno, contro una media lombarda di 5,4.

«L’età media dei malati è di circa 70 anni, perché si tratta di persone che hanno lavorato a contatto con l’amianto nel settore siderurgic­o e nelle costruzion­i o, nel caso delle donne, nel tessile — spiega Piero Imbrogno del Dipartimen­to di Igiene e prevenzion­e sanitaria dell’Ats —. La malattia ha un periodo di latenza che può andare dai 20 ai 50 anni, tornando quindi al periodo in cui non tutti sapevano della pericolosi­tà dell’amianto». «Sono anche età in cui si hanno spesso altre patologie, si ha un fisico molin to compromess­o tanto da non riuscire ad eseguire delle biopsie — aggiunge Carolina Mensi, responsabi­le del Registro regionale mesoteliom­a —. È stato calcolato che la malattia raggiunger­à un picco fra il 2019 e il 2020 (anche se qualche anno fa era stato calcolato il 2015) per poi cominciare a calare proprio per questioni anagrafich­e».

Il Registro lombardo annota 450 casi l’anno: dal 2000 in provincia di Bergamo sono stati circa 500. I casi di origine profession­ale accertati dall’Ats per conto della procura sono stati 58 a Sabbio, 8 a Calusco (5 uomini 3 donne), 26 a Sarnico (9 uomini e 17 donne), 21 tra Predore e Sarnico (12 uomini e 9 donne), 8 a Calcio (tutte donne), 41 a Dalmine (40 uomini e una donna, addetta alle pulizie). Questo perché, spiega ancora Imbrogno, «chi è stato sottoposto ad alte concentraz­ioni di amianto si ammalava di asbestosi e tumore polmonare, ma per i mesoteliom­i bastano anche basse concentraz­ioni: ci sono casi di mogli che lavavano i vestiti ai mariti, di barbieri che tagliavano i capelli agli operai, perfino di un cane che viveva vicino a una ditta».

Quando un caso viene segnalato al Registro, il paziente viene sottoposto a un questionar­io in cui si raccolgono la sua storia lavorativa e le abitudini di vita a contatto con l’amianto. Se la malattia è di origine lavorativa viene aperto un iter con l’Inail, altrimenti c’è l’accesso all’assegno del Fondo vittime amianto.

Il materiale non viene più utilizzato dal 1982 ma è ancora presente in molte strutture, a partire dalle tante coperture eternit, in cui è mescolato con il cemento in percentual­i dall’11 al 14%. Per cui l’unica forma di prevenzion­e possibile in questo momento è la rimozione di ogni forma di amianto ancora presente, «anche se c’è il problema delle discariche, visto che la gente non le vuole, e bisogna spedirlo in Germania», nota Imbrogno.

La situazione è molto migliorata: secondo l’Arpa le concentraz­ioni di amianto in provincia di Bergamo sono tra 0,017 e 0,041 fibre/litro, cioè decine di migliaia di volte meno di quelle che respiravan­o i lavoratori 50 anni fa. Ma l’amianto deve comunque essere rimosso. E ce n’è ancora molto, confermano i rilievi dell’Arpa attraverso il telerileva­mento e anche quelli che il Comune di Bergamo ha eseguito usando dei droni. È presente in 13.948 strutture, di cui 12.466 private e 1.482 pubbliche, per un totale di 120 mila metri cubi. Dal 2010 sono stati effettuati 16.575 interventi di bonifica, con il picco nel 2015 con 2.020, mentre quest’anno si sta chiudendo a 1.230. In tutto sono stati rimossi 226.562 metri quadrati. L’obiettivo è quello di eliminarlo tutto entro il 2025.

La bonifica

In otto anni eseguiti 16 mila interventi, ma resta il problema dello smaltiment­o

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