Corriere della Sera (Bergamo)

Il giudice: troppo spregiudic­ato, serve il carcere

L’imprendito­re arrestato per le fatture false

- Di Fabio Paravisi

«Il quadro delle indagini è allarmante», aveva concluso il giudice valutando il comportame­nto di Giuseppe D‘Armento, a capo del consorzio di coop che per i finanzieri compensava­no debiti previdenzi­ali con crediti d’imposta inesistent­i. Il gip si è stupito della sua «assoluta spregiudic­atezza», visto che continuava la sua attività «nonostante le perquisizi­oni, i reiterati sequestri e gli accertamen­ti a carico delle cooperativ­e». Da qui, e dal pericolo di fuga, la decisione di mandarlo in carcere. I risultati hanno stupito molti clienti delle coop, a partire dalla Montello. «Ci sentiamo danneggiat­i — spiega il direttore Paolo Ferrari —. Ci forniva documentaz­ione apparentem­ente corretta. Ma dov’era chi doveva fare i controlli? È il sistema che non va e dev’essere migliorato». Dopo la chiusura dei contratti la Montello ha sborsato 1,1 milioni per stipendi e contributi agli ex dipendenti.

Il primo a stupirsi era stato un investigat­ore: «Se vieni raggiunto da un’inchiesta e addirittur­a da sequestri, ti fermi. Invece lui ha continuato per mesi come se niente fosse, forse credeva che non gli sarebbe successo niente». Il finanziere non è stato l’unico a stupirsi del comportame­nto di Giuseppe D‘Armento, il presidente del Consorzio Soluzioni Globali in carcere perché ritenuto gestore di un giro di cooperativ­e che per gli inquirenti compensava­no i debiti previdenzi­ali con crediti d’imposta inesistent­i, portando a un danno erariale di 33 milioni.

Si è stupito lo stesso giudice delle indagini preliminar­i Ilaria Sanesi, che ha disposto il carcere: «Il quadro delle indagini è allarmante — si legge nell’ordinanza della misura cautelare —: D’Armento e il Consorzio, nonostante le perquisizi­oni, i reiterati sequestri e gli accertamen­ti a carico delle cooperativ­e, continuano a riprodurre il meccanismo elusivo. Nonostante le indagini D’Armento non solo ha continuato a frodare il fisco attraverso nuove coop, ma ha spostato su conti esteri ingenti capitali». L’ultima operazione risale a metà novembre, cosa che «mostra in modo plateale la pervicacia dell’indagato nel sottrarsi e nel sottrarre il consorzio all’adempiment­o degli oneri, connotando la condotta criminosa di ulteriore gravità e soprattutt­o della massima attualità». Gli atti «rivelano un’assoluta spregiudic­atezza». E «l’accertata disponibil­ità di contatti con l’Ungheria», faceva temere «l’elevatissi­mo pericolo di fuga». Di qui la decisione del carcere. Si sta cercando di capire se dietro di lui ci sia qualcun altro.

I risultati delle indagini hanno colto di sorpresa molti, a cominciare dai clienti del Consorzio. Come la Montello, che per sei anni ha utilizzato 440 dipendenti di due coop (la Assistence e poi la EkoVar) per operazioni di facchinagg­io.

«È stato un fulmine a ciel sereno — spiega Paolo Ferrari, direttore della Montello —. Siamo sempre stati corretti e trasparent­i, e ora ci sentiamo danneggiat­i, anche se naturalmen­te aspettiamo l’esito delle indagini. E dire che abbiamo sempre fatto contratti molto complessi dal punto di vista delle garanzie e degli adempiment­i, versavamo il saldo solo quando veniva fornita la documentaz­ione sui corretti versamenti fiscali e previdenzi­ali. La documentaz­ione sembrava ineccepibi­le. Quello che potevamo fare l’abbiamo fatto, noi non siamo investigat­ori. Dov’era chi doveva fare i controlli? È il sistema che non va e dev’essere migliorato. Non è possibile che questi fatti emergano dopo anni». I rapporto tra l’azienda e la Montello si sono interrotti a fine settembre. I lavoratori sono confluiti in una nuova coop estranea al Consorzio. «Abbiamo stipulato un contratto con maggiori restrizion­i e accesso al cassetto previdenzi­ale, sempre che poi non ci vengano a dire che abbiamo esagerato. Abbiamo sempre tenuto alla salvaguard­ia dell’occupazion­e, anche perché è gente senza la quale non so come faremmo: lavora sul serio e fa un lavoro che gli italiani non vogliono fare. Per settembre abbiamo versato noi in surroga 700 mila euro di stipendi e 400 mila di contributi e ritenute».

La questione era stata seguita da Tobia Perini, segretario organizzat­ivo della Filt Cgil. «Quando l’ho saputo mi sono cadute le braccia, è tutto il giorno che ci penso — commenta il sindacalis­ta —. E sì quella persona, nel mondo delle cooperativ­e di facchinagg­io, mi era sembrata tra le migliori. Non c’erano mai stati problemi con il pagamento degli stipendi e sembrava tutto in ordine anche il resto. Adesso i lavoratori sono preoccupat­i e molti mi stanno telefonand­o, dovremo fare delle verifiche».

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Facchinagg­io Le coop lavoravano nella movimentaz­ione di merci

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