Il giudice: troppo spregiudicato, serve il carcere
L’imprenditore arrestato per le fatture false
«Il quadro delle indagini è allarmante», aveva concluso il giudice valutando il comportamento di Giuseppe D‘Armento, a capo del consorzio di coop che per i finanzieri compensavano debiti previdenziali con crediti d’imposta inesistenti. Il gip si è stupito della sua «assoluta spregiudicatezza», visto che continuava la sua attività «nonostante le perquisizioni, i reiterati sequestri e gli accertamenti a carico delle cooperative». Da qui, e dal pericolo di fuga, la decisione di mandarlo in carcere. I risultati hanno stupito molti clienti delle coop, a partire dalla Montello. «Ci sentiamo danneggiati — spiega il direttore Paolo Ferrari —. Ci forniva documentazione apparentemente corretta. Ma dov’era chi doveva fare i controlli? È il sistema che non va e dev’essere migliorato». Dopo la chiusura dei contratti la Montello ha sborsato 1,1 milioni per stipendi e contributi agli ex dipendenti.
Il primo a stupirsi era stato un investigatore: «Se vieni raggiunto da un’inchiesta e addirittura da sequestri, ti fermi. Invece lui ha continuato per mesi come se niente fosse, forse credeva che non gli sarebbe successo niente». Il finanziere non è stato l’unico a stupirsi del comportamento di Giuseppe D‘Armento, il presidente del Consorzio Soluzioni Globali in carcere perché ritenuto gestore di un giro di cooperative che per gli inquirenti compensavano i debiti previdenziali con crediti d’imposta inesistenti, portando a un danno erariale di 33 milioni.
Si è stupito lo stesso giudice delle indagini preliminari Ilaria Sanesi, che ha disposto il carcere: «Il quadro delle indagini è allarmante — si legge nell’ordinanza della misura cautelare —: D’Armento e il Consorzio, nonostante le perquisizioni, i reiterati sequestri e gli accertamenti a carico delle cooperative, continuano a riprodurre il meccanismo elusivo. Nonostante le indagini D’Armento non solo ha continuato a frodare il fisco attraverso nuove coop, ma ha spostato su conti esteri ingenti capitali». L’ultima operazione risale a metà novembre, cosa che «mostra in modo plateale la pervicacia dell’indagato nel sottrarsi e nel sottrarre il consorzio all’adempimento degli oneri, connotando la condotta criminosa di ulteriore gravità e soprattutto della massima attualità». Gli atti «rivelano un’assoluta spregiudicatezza». E «l’accertata disponibilità di contatti con l’Ungheria», faceva temere «l’elevatissimo pericolo di fuga». Di qui la decisione del carcere. Si sta cercando di capire se dietro di lui ci sia qualcun altro.
I risultati delle indagini hanno colto di sorpresa molti, a cominciare dai clienti del Consorzio. Come la Montello, che per sei anni ha utilizzato 440 dipendenti di due coop (la Assistence e poi la EkoVar) per operazioni di facchinaggio.
«È stato un fulmine a ciel sereno — spiega Paolo Ferrari, direttore della Montello —. Siamo sempre stati corretti e trasparenti, e ora ci sentiamo danneggiati, anche se naturalmente aspettiamo l’esito delle indagini. E dire che abbiamo sempre fatto contratti molto complessi dal punto di vista delle garanzie e degli adempimenti, versavamo il saldo solo quando veniva fornita la documentazione sui corretti versamenti fiscali e previdenziali. La documentazione sembrava ineccepibile. Quello che potevamo fare l’abbiamo fatto, noi non siamo investigatori. Dov’era chi doveva fare i controlli? È il sistema che non va e dev’essere migliorato. Non è possibile che questi fatti emergano dopo anni». I rapporto tra l’azienda e la Montello si sono interrotti a fine settembre. I lavoratori sono confluiti in una nuova coop estranea al Consorzio. «Abbiamo stipulato un contratto con maggiori restrizioni e accesso al cassetto previdenziale, sempre che poi non ci vengano a dire che abbiamo esagerato. Abbiamo sempre tenuto alla salvaguardia dell’occupazione, anche perché è gente senza la quale non so come faremmo: lavora sul serio e fa un lavoro che gli italiani non vogliono fare. Per settembre abbiamo versato noi in surroga 700 mila euro di stipendi e 400 mila di contributi e ritenute».
La questione era stata seguita da Tobia Perini, segretario organizzativo della Filt Cgil. «Quando l’ho saputo mi sono cadute le braccia, è tutto il giorno che ci penso — commenta il sindacalista —. E sì quella persona, nel mondo delle cooperative di facchinaggio, mi era sembrata tra le migliori. Non c’erano mai stati problemi con il pagamento degli stipendi e sembrava tutto in ordine anche il resto. Adesso i lavoratori sono preoccupati e molti mi stanno telefonando, dovremo fare delle verifiche».