Corriere della Sera (Bergamo)

Treviglio, case e terreni sequestrat­i alla fidanzata

- Di Armando Di Landro

Casa e terreno da duemila metri quadrati sequestrat­i, a Treviglio, all’imprendito­re Domenico Piscicelli. La Procura gli contesta che i beni siano suoi, di fatto, nonostante risultino intestati a una società di proprietà della sua fidanzata.

In più occasioni la Procura di Bergamo l’ha già spuntata, ad esempio durante l’inchiesta sulla Maxwork: vengono sequestrat­i conti correnti e case anche dei parenti, se non addirittur­a degli amici degli indagati, se la pubblica accusa dimostra che sono beni riconducib­ili alle persone sotto inchiesta, anche se non risultano proprietar­ie sulla carta. E con una solida base di precedenti alle spalle, il pubblico ministero Nicola Preteroti ha sfoderato l’ultima mossa, nell’ambito delle indagini sulla presunta associazio­ne a delinquere guidata dall’imprendito­re treviglies­e Domenico Piscicelli, che garantiva a cooperativ­e e aziende la creazione ad hoc, tramite i modelli F24, di falsi crediti con il Fisco.

Con un provvedime­nto di sua iniziativa, il sostituto procurator­e ha disposto il sequestro preventivo, finalizzat­o poi alla confisca, del 100% delle quote della G Group srl, con sede legale a Milano in via Ciro Minotti. Tutte le azioni della società sono intestate alla compagna — non indagata — di Domenico Piscicelli, che risulta invece amministra­tore unico. Ma, è il ragionamen­to della Procura nel decreto di sequestro, le azioni e i beni in possesso della G Group, sono da ricondurre all’imprendito­re finito nell’inchiesta: sarebbe suo in realtà, secondo il pm, un appartamen­to su due piani in via San Zeno, in una zona residenzia­le di Treviglio, intestato però alla società. Allo stesso modo, da ricondurre a Piscicelli, un terreno di circa duemila metri quadrati di proprietà della G Group, sempre a Treviglio. Due beni immobili per un valore complessiv­o che raggiunger­ebbe il milione di euro.

Il provvedime­nto è stato notificato solo all’indagato: la fidanzata potrà procedere a un eventuale ricorso solo quando avrà un riscontro formale sul congelamen­to delle quote societarie. Ma proprio il ricorso della titolare ufficiale delle azioni rischia di essere un’arma a doppio taglio, perché se non passasse aprirebbe le porte a ipotesi della Procura anche sul suo conto, che al momento non ci sono: non è mai stata iscritta tra gli indagati. Dall’avvocato Andrea Orabona, che assiste Piscicelli, non arrivano commenti nel merito: «È ancora molto presto per poter dire qualsiasi cosa. Le indagini non sono ancora concluse e quindi aspettiamo di avere un quadro complessiv­o della situazione».

L’abitazione e il terreno rientrano a questo punto tra i beni che, insieme ad altri (inclusa la liquidità sui conti correnti), devono concorrere a raggiunger­e la cifra di sedici milioni: è questo l’ammontare dei falsi crediti con il fisco che, tra il 2013 e il 2016, sarebbero stati garantiti da Piscicelli e altri presunti complici a tre cooperativ­e e altre quattro aziende, tutte operative in provincia di Bergamo. Indagati anche i titolari delle singole società, oltre all’imprendito­re treviglies­e e altri presunti complici, tra i quali Marco Sarti: al consulente

A Treviglio Casa a disposizio­ne dell’imprendito­re di proprietà di una srl intestata alla donna

L’ipotesi Lui indagato a piede libero per associazio­ne a delinquere finalizzat­a all’evasione fiscale

aziendale di Lecco (un tempo di casa a Bergamo) veniva richiesta la trasmissio­ne al Fisco dei modelli F24, con numeri che indicavano crediti sull’Iva, oppure sull’Ires e l’Irap, per poi abbattere i pagamenti dovuti allo Stato, in tasse o in contributi previdenzi­ali. Sarti è già stato in carcere, in un altro filone dell’inchiesta. Gli altri indagati, oltre al provvedime­nto di sequestro d 16 milioni, non sono mai stati sottoposti a misure cautelari.

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Le indagini Al lavoro sui falsi crediti con il Fisco la Finanza e la polizia

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