Il re dei ristoratori di Foppolo e la baita bruciata
Fulvio Berera: «Sono uno scomodo, ma non ho nemici». E i carabinieri indagano
Ivigili del fuoco non hanno trovato inneschi, ma è un mistero l’incendio che ha distrutto la baita, a Carona (foto), di Fulvio Berera, titolare dell’albergo ristorante K2 sulle piste di Foppolo ed ex assessore. I carabinieri non escludono nessuna ipotesi.
Buio pesto, solo il bagliore delle fiamme a illuminare la sagoma della baita. Quando i vigili del fuoco hanno raggiunto il nugolo di antiche case in pietra della frazione Pagliari, a Carona, erano quasi le 6. A mezzogiorno i carabinieri del caso Foppolo erano già al secondo piano del palazzo della procura, davanti alla porta del pm Gianluigi Dettori. Nessun legame con le seggiovie bruciate, allo stato, e nemmeno la certezza che sia un incendio doloso quello che ieri all’alba ha distrutto il rustico di Fulvio Berera, 66 anni, con il suo piccolo impero fatto di albergo, rifugio, appartamenti e leggendaria cucina nostrana, al K2, il principale imprenditore della stazione sciistica. Che ci si trovi di fronte all’ennesimo mistero dell’Alta valle, destinato a lasciare uno strascico di sospetti, però, è sicuro.
Lui, Berera, prova a prenderla con spirito, ma poi ammette che al telefono, quando l’hanno avvisato, gli è venuto «il magone». Era in Svizzera, dove vive con la moglie e i figli. E la baita bruciava già da un pezzo. «Mi hanno chiamato i carabinieri alle 8.45 — racconta —, all’inizio nessuescursionista sapeva che la baita fosse mia». L’ha ereditata dalla suocera e una quindicina d’anni fa l’ha ristrutturata. Un gioiellino di legno e pietra, su due piani, nella minuscola frazione lungo la strada del Calvi, dove mezzo secolo fa viveva un centinaio di persone. Ora sono tutte seconde case a pochi passi dalla futura centralina idroelettrica. Il primo a chiamare i soccorsi è stato un alle 5.30, anche se in paese qualcuno sostiene di avere sentito puzza di fumo ben prima. I vigili del fuoco hanno penato. Alla baita si arriva solo superando un ponticello pedonale sul Brembo. Sono stati costretti a trasportare a mano le autopompe quando ormai il fuoco era al tetto. Non è rimasto nulla se non le facciate, il comignolo, qualche persiana. Lo scheleno tro del caminetto. Le squadre sono rientrate alle 11.30 senza avere trovato nulla che porti a un piromane. Né inneschi, né tracce di benzina. Ma d’altra parte la zona è isolata, l’allarme è partito tardi, le fiamme hanno polverizzato le stanze. Soprattutto è difficile credere all’ipotesi di un corto circuito o di un surriscaldamento con gli impianti spenti. Difficile anche per via dell’inchiesta che tiene banco da due anni e mezzo. Fulvio Berera non ci è mai entrato, ma è personaggio centrale a Foppolo: assessore nella giunta dell’ex sindaco Giuseppe Berera, suo cugino alla lontana, si era visto ritirare le deleghe ad aprile 2017 ufficialmente per le troppe assenze. E da tempo è in rotta di collisione con gli imprenditori del Belmont Giacomo Martignon e Massimo Moretti sulla proprietà della terrazza Salomon, sul Montebello.
«Sono un po’ scomodo, sono l’anti Beppe», dice dell’altro Berera condannato la scorsa settimana a 4 anni e 10 mesi per i soldi della Brembo Super Ski usati per pagarsi casa. «Beppe ha fatto le sue scelte, su Foppolo avevamo visioni diverse». Non si sentono da tempo. «Non ho niente con nessuno — precisa — e fatico a pensare a un atto doloso anche perché la baita era assicurata, non ha senso». L’ultima volta c’era stato un mese e mezzo fa «per togliere l’acqua. La usano i miei figli d’estate». La sistemerà? «Adesso lasciamo sbollire, vedremo in primavera». Per i carabinieri tutte le ipotesi restano aperte.
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