«Al Druso canto il mio Oltreoceano partenopeo»
Il cantante e sassofonista italoamericano in concerto domani sera al Druso Con i Napoli Centrale ripercorrerà cinquant’anni di carriera
Non ama le conferenze e la televisione, neppure i giovani cantanti tutti parole e niente musica. James Senese ha la musica «dint’ ‘o core». Nato da padre americano e madre napoletana, porta nelle sue canzoni e composizioni, che scrive d’istinto, due anime: il jazz, il soul uniti ai sentimenti cresciuti nei vicoli di Napoli. In una definizione: il suo suono è «Neapolitan power».
Senese e i Napoli Centrale saliranno sul palco del Druso di Ranica domani alle 22.30 (ingresso 22 euro in prevendita, 25 euro in cassa). Il gruppo ripercorrerà cinquant’anni di carriera, celebrati con il doppio cd live «Aspettanno ‘o tiempo», arrivato a due anni di distanza dall’uscita di «’O Sanghe», vincitore della targa Tenco nel 2017 nella sezione miglior album in dialetto. Agli esordi, chiedendogli se fosse felice, Senese rispose di no e di rifargli la domanda solo quando Miles Davis, tra i suoi riferimenti musicali, sarebbe stato in testa alle hit parade. Rivolgendogli la stessa domanda oggi, la risposta è: «Sono felice a metà. Non lo si può mai essere completamente. Siamo in un mondo sottosopra. Quando la felicità dovrebbe arrivare, non arriva».
Nuovo album, «Aspettanno ‘o tiempo». A quale tempo si riferisce?
«Al nostro. Facciamo parte del tempo, che è tutto. È la nostra vita, dove esprimere i sentimenti».
Che sono in ogni sua canzone.
«Sono una parte importante di noi. È nel nostro Dna».
Nel disco ci sono anche degli inediti. Uno è «Ll’America», scritto per lei da Edoardo Bennato. Cosa rappresenta?
«Canto il sentimento di libertà, l’amore per tutti e Dio, ma purtroppo oggi la gente vive all’incontrario, circondandosi di nemici».
Altro brano nuovo è lo strumentale «Route 66».
«Napoli Centrale è nato nel 1975 non come gruppo che scriveva canzoni, ma a metà strada tra il comporre pezzi strumentali e d’autore. Rappresenta la nostra origine».
Perché ha riletto «Manha de Carnaval» di Astrud Gilberto e Herb Otha, intitolandola «Dint’ ‘o core»?
«È un brano brasiliano struggente, che mi ricorda il passato. Gli ho messo le parole ed è nata una canzone d’amore».
Perché iniziò a suonare il sassofono?
«Appena ne sentii il suono ne rimasi affascinato. Mi apparteneva».
Qual è invece il suono di Napoli Centrale?
«Dopo anni è ancora avanti nel tempo. È originale. Viene dal figlio di un americano e di una napoletana. Ne unisce la due anime. Sa di Oltreoceano e della voce del popolo, ascoltata nei vicoli. Sa di napoletano, che hanno chiamato lingua e ci ha dato soddisfazione. Perché Napoli è una città calda, che fa funzionare il cuore».
Dedicherete una canzone in ricordo a Pino Daniele?
«Pino non è un ricordo. In parte è nato con Napoli Centrale. Li ho indicato quale strada intraprendere. Allora era un rockettaro. Gli insegnato i sentimenti e non ci siamo mai lasciati. Pino è poesia, è Napoli».
Credo «Canto il sentimento di libertà e l’amore per tutti, purtroppo oggi la gente vive al contrario»