Corriere della Sera (Bergamo)

DIFENDERE LA LIBERTÀ

- Di Davide Ferrario

Molte sono ancora le zone d’ombra sulla morte di Francesco Asperti: le circostanz­e, le motivazion­i per cui si è arruolato nell’YPG, i molti silenzi sui sei mesi di lontananza dalla sua casa e dalla sua famiglia. Ma resta un fatto oggettivo: Asperti è morto sul fronte curdo militando contro le milizie dell’Isis. Mentre qui si fa polemica politica, in primis da parte degli esponenti di destra, sulla «lotta senza quartiere» all’islamismo violento (magari prendendos­ela con chi ha il solo torto di credere in Allah), Asperti, che proviene da una famiglia con una fortissima tradizione di sinistra, ha silenziosa­mente preso il fucile per andare a difendere i principi di libertà e democrazia nei quali tutti ci riconoscia­mo. Non ne faremo un eroe o un martire (e di certo i politici non si ricorderan­no di lui quando a dicembre si discuterà di onorare i cittadini benemeriti…): ma non si può non rispettare la sua storia. Qualsiasi sia stata la ragione della sua partenza, anche se determinat­a da una «questione privata» (come nel famoso libro di Fenoglio), la sua scelta è simile a quelli di moltissimi partigiani che imbracciar­ono le armi per difendere il bene comune. In un mondo tutto virtuale, in cui la battaglia sui principi si fa quasi sempre comodament­e seduti a una scrivania davanti a un computer, Asperti ha messo il suo corpo e la sua vita sulla bilancia del destino. Poteva non farlo o fare mille altre cose. Invece ha scelto consapevol­mente; e credo che tutti, in questa comunità, non dovremmo dimenticar­lo.

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