OROBIE DA FILM
Il corto di Midali che racconta il Parco «Lunghe camminate e appostamenti infiniti»
Un corto racconta il Parco delle Orobie bergamasche attraverso l’agricoltura di montagna, custode della biodiversità. Il filmato, di otto minuti, prodotto dalla Mc Harmony di Stezzano e con una versione anche in inglese, entro la fine del mese sarà pubblicato su tutti i sette totem multimediali dislocati nei punti informativi e nei centri parco e, la prossima settimana, sul sito. L’autore e regista è Baldovino Midali, panettiere di Branzi, un nome che si è affermato nel campo della fotografia e del documentario naturalistico. Il video si apre con l’inquadratura del piccolo Mikele Quarteroni, 6 anni, che, con il suo cannocchiale, scruta il panorama all’orizzonte: il parco si estende su 70 mila ettari di superficie e comprende rilievi che toccano i tremila metri di altezza, cascate, laghetti e le valli Brembana, Seriana e di Scalve. Moltissime le specie di fauna e flora riprese da Midali, dal fagiano di monte alla civetta capogrosso, dalla cincia dal ciuffo al picchio nero, tutti «attori» che compaiono alla fine nei titoli di coda.
Midali, la mattina alle 2 va a fare il pane, poi alle 8, quando ha finito, si ritira nei boschi. «Vado con le scarpe da tennis per disturbare il meno possibile i suoi abitanti e in tenuta mimetica — spiega il maestro della fotografia che ha realizzato sette documentari per la Rai —. Alcuni scatti e riprese sono molto difficili. Per cogliere la pernice bianca, minacciata dai mutamenti climatici, e l’ermellino devo arrivare a duemila e 700 metri. Rimango appostato per ore, in una casupola, imbacuccato per resistere al freddo». Nel corto appare anche l’immagine dell’orso bruno catturato dalla fototrappola messa da Stefano Locatelli. «Non è detto che lo scatto più prezioso sia dell’aquila reale, può essere lo scricciolo di 6 grammi dal codino dritto e il canto forte, se colto in un atteggiamento speciale, mentre fa il bagno, che rende il tutto magico», commenta Baldovino.
Tra i fiori più rari c’è la Scarpetta di Venere. Ma, soprattutto, c’è la gente di montagna. «Se ci danno la possibilità di viverci, trattiamo bene il nostro ambiente, certo bisogna capire che chi possiede quattro vacche non va trattato come chi ha un allevamento intensivo nella Bassa», afferma il naturalista. La sua passione è nata 35 anni fa dopo aver regalato a sua moglie Karin una macchina fotografica. «In realtà, era un regalo che volevo farmi e me ne sono appropriato», sorride.
Dove Il filmato sul sito del Parco delle Orobie e sui totem multimediali dei punti informativi