Annullato il referendum sul passaggio del borgo da Riva di Solto a Fonteno Le minoranze: «Un favore a qualcuno». La replica: «Quesito fatto male» La Regione boccia il trasloco di Xino
Contro il paesino hanno votato in 36, quasi un consigliere regionale ad abitante. E per poco ha rischiato di non passare, la mozione del Consiglio regionale che ha bloccato il passaggio del borgo di Xino dal Comune di Riva di Solto a quello di Fonteno. L’argomento era al primo punto del Consiglio regionale di ieri, subito prima del voto sulle fiere storiche e di quello che ha sancito la possibilità di essere seppelliti con i propri animali. Si trattava di affondare l’esito del referendum con il quale i 40 abitanti del piccolo borgo avevano votato il trasloco dei confini, esito già messo in discussione dalla commissione Affari costituzionali, secondo la quale i margini del territorio erano stati tracciati nel modo sbagliato, escludendo un albergo. Anche se i sindaci hanno replicato di avere agito sulla base delle indicazioni della stessa Regione.
I consiglieri hanno infine approvato il risarcimento dei 5.800 euro spesi per il referendum ma ne hanno bocciato il risultato. Niccolò Carretta (Lce), che aveva colto qualche malumore tra i leghisti, ha chiesto il voto segreto, riuscendo quasi a strappare il pareggio, 36 a 33. Il risultato ha fatto arrabbiare molti. A partire dai diretti interessati.
«Valuteremo il ricorso — dice il sindaco di Riva Nadia Carrara —. Rifare il referendum? Non so, ci avevamo lavorato due anni. Lo facciano direttamente quelli della Regione, così saranno contenti. Ma la gente ha capito che in questa storia c’è qualcosa che non va».
Attaccano anche le minoranze. Per Dario Violi (M5S) «è vergognoso che i partiti in Regione pretendano l’autonomia ma poi calpestino la volontà dei cittadini. Non è accettabile che qualcuno con gli agganci giusti abbia messo in discussione la volontà popolare». Carretta esprime «grande imbarazzo: progetti di legge come questi passano in continuazione senza problemi. Vanno bene solo quando la maggioranza leghista li condivide? È grave opporsi alla volontà popolare. Peccato, per una manciata di voti non ce l’abbiamo fatta». «Atto di arroganza immotivata — per Jacopo Scandella, Pd —. Discettano di una frazione che nemmeno conoscono e poi ribaltano l’esito del referendum solo perché chi ha perso ha gli amici giusti in Regione». Le allusioni sono state fatte anche in aula, sia a un forzista ex sindaco (che minaccia querele) che a un leghista futuro candidato in uno dei paesi. Nega ogni influenza il forzista Paolo Franco mentre il leghista Alex Galizzi replica: «Sono tutte accuse gratuite. La colpa è loro, che hanno fatto un referendum senza includere tutte le possibilità e contraddicendosi sull’erogazione dei servizi. Non si poteva fare altro».
Le opposizioni «Atto di arroganza» secondo Scandella (Pd). Violi (M5S): scelta vergognosa