Cinque comari per Shakespeare
Un nuovo allestimento firmato Erba-Sinigaglia
Riscrivere Shakespeare adattandolo a temi e linguaggi della scena contemporanea. Era il compito assegnato ad altrettanti drammaturghi e registi nel progetto «Glob(e)al Shakespeare», realizzato dal Teatro Bellini di Napoli e dal Napoli Teatro Festival Italia, che ne ha poi tenuto a battesimo i risultati nell’estate 2017. Tra questi c’era il duo formato da Edoardo Erba alla drammaturgia e da Serena Sinigaglia alla regia, un duo consolidato da riuscite esperienze precedenti («Italia anni dieci» e «Utoya»), a cui è toccato il compito di adattare «Le allegre comari di Windsor», da domani in scena al Teatro Carcano.
Erba ha ridotto i personaggi a cinque, tutte donne: le signore Page (Annagaia Marchioro) e Ford (Virginia Zini), la giovane Anne Page (Mila Boeri), la serva Quickly (Chiara Stoppa) e la fisarmonicista Giulia Bertasi nel ruolo (maschile) di Fenton, lo spasimandesideri te di Anne. In un noioso pomeriggio very british, mentre si consuma tra mille convenevoli il rito del tè, le due stagionate signore scoprono di aver ricevuto la medesima lettera di profferte amorose dal gaudente Falstaff. Compiaciute di essere ancora oggetto di desideri erotici, ma punte nell’orgoglio per la «pesca a strascico» dell’altrettanto attempato libertino, decidono di dargli una lezione.
Ma Falstaff, in questa riscrittura, è il grande assente, non compare mai in scena, se non nei progetti di vendetta, che le signore immaginano, e nelle conseguenze sulla vittima predestinata e sugli altri uomini — mariti e amanti — pure loro assenti. Un divertente passatempo per vivacizzare quel pomeriggio uggioso e per sentirsi ancora vive. Perché queste Desperate Housewives ante litteram sono donne di mezza età, borghesi, annoiate e un po’ bigotte, con routine consolidate, mariti assenti e sopiti. Mentre, spiega Serena Sinigaglia, «In Falstaff, per la sua ostentata dissolutezza si possono scorgere dei tratti di Don Giovanni e respirare aria buona di libertà. E, nella sua evidente “decadenza”, si rispecchia quanto di più umano e disarmato si possa concepire».
Con inserti di brani del «Falstaff» verdiano, cantati e suonati dal vivo, lo scatenato quintetto agisce su una scena tutta bianca, foderata di pizzi e crinoline, così come i costumi anni ’50, accompagnati da vistose parrucche, che amplificano il gioco di mascheramenti e smascheramenti del desiderio, innescato da Falstaff e raccontato da Shakespeare.