Stucchi: il sindaco evita il confronto Gori: non lasciamo la città alla Lega
«Non ha studiato la città, non lasciamola nelle sue mani», dice Giorgio Gori del suo sfidante, Giacomo Stucchi, e lo fa dal palco di piazza Vittorio Veneto a fianco dell’ex ministro Carlo Calenda, «un amico». Gori chiuderà la campagna stasera all’ex Reggiani. Il centrodestra la chiuderà invece in piazza Vittorio Veneto, prima con Giorgia Meloni e poi tutti sul palco. Stucchi, che sottolinea la proposte ambientali del suo programma, lancia gli ultimi affondi a Gori: «Sfugge al confronto con gli elettori. Soffre della sindrome di Fonzie; non riesce ad ammettere i suoi sbagli».
La prova della piazza non è uno scherzo, per il Pd del 2019. In Piazza Vittorio Veneto all’ora di pranzo arrivano 300, forse 400 persone, attirate dal nome di Carlo Calenda e da una delle ultime uscite pubbliche di Giorgio Gori prima della chiusura della campagna elettorale. Il sindaco ci crede, lascia intendere addirittura di sperare in «una sorpresa» (tradotto, significherebbe vittoria al primo turno), attacca il candidato sindaco del centrodestra Giacomo Stucchi e chiede a tutti un ultimo sforzo: «Abbiamo fatto un bel lavoro in queste settimane, ma non è finito. Chiedo a tutti di fare l’ultimo sforzo». La piazza si scalda, complice anche il primo sole primaverile dopo giorni e giorni di freddo e pioggia.
Guardarsi intorno significa fare i conti con il recente passato di Gori e del centrosinistra a Bergamo. Cinque anni fa, la volata contro Franco Tentorio fu trainata da Matteo Renzi in persona, che riempì la stessa piazza, bloccando il traffico fin quasi a Porta Nuova, alla stessa ora di una giornata meteorologicamente molto simile. Da allora, il mondo è cambiato, «sappiamo che i valori sono tutti rovesciati», dice lo stesso Calenda. Oggi nessuno immaginerebbe di farsi sponsorizzare da Renzi, ma nel 2014 l’allora premier dal palco emanò un ottimismo e un’energia che contribuirono al finale vittorioso di campagna elettorale di Gori. Oggi il sindaco deve cavarsela (quasi) da solo. «Non ci può essere sviluppo senza solidarietà. Questa è stata la nostra bussola in questi anni e vogliamo che lo sia anche per i prossimi — dice Gori —. Questa città voleva cambiare ed è cambiata, non solo per merito mio e della giunta, ma anche grazie ai cittadini che non volevano restare al di sotto delle loro possibilità». Poi l’attacco agli avversari, nello specifico a Stucchi, il candidato della Lega: «Non ha studiato la città e in ogni dibattito dimostra di non sapere come funziona Bergamo — dice il sindaco uscente —. Fa affidamento solo sul vento nazionale, ma io non credo che sia più tanto in poppa questo vento. Salvini è un anno che, anziché lavorare, è in giro a farsi selfie. Ma non è nemmeno venuto a Bergamo a fare campagna per Stucchi». Come detto, l’ottimismo di Gori sul voto cittadino è alto, tanto da richiamare la vittoria, un anno fa, del centrosinistra di Emilio Del Bono a Brescia come modello. Ma la sovrapposizione della tornata elettorale comunale con quella europea porta il sindaco a sottolineare il peso del voto locale: «Sento che Bergamo ha una responsabilità. Vogliamo quel risultato, non solo per i nostri cittadini, ma anche per dare un segnale all'Italia, far capire che il vento è cambiato, come è successo a Brescia un anno fa. Si può fare. L’Italia guarda a Bergamo con interesse, perché qui la Lega vanta più aspettative. Non gli consentiremo di fare danni anche qua, come quelli che hanno fatto all’Italia in un anno di governo».
La presenza di Calenda sembra confermare l’importanza del voto amministrativo a Bergamo. Come sottolinea il sindaco, l’ex ministro «è venuto qui solo per amicizia», perché è candidato alle Europee ma in un altro collegio (Nord-Est). «Non dobbiamo avere lo spirito degli sconfitti. Voglio bene a Zingaretti ma il 20% non mi basta, neanche per iniziare questa battaglia — dice Calenda —. Ma se un medico anziché andare a lavorare
❞ L’Italia corre il rischio di uscire dall’Europa. Proviamo a licenziare Salvini che invece di lavorare sta sempre a farsi i selfie
Carlo Calenda Pd
Il popolo del Pd Nel 2014 Renzi riempì piazza Vittorio Veneto, ieri con l’ex ministro 300, forse 400 persone
“sta tra la gente”, non chiediamo che venga licenziato? Allora proviamo a licenziare Salvini, che invece di lavorare sta sempre a farsi i selfie. L’Italia corre il rischio di uscire dall’Europa, con questo governo, e non possiamo restare a guardare».