Corriere della Sera (Bergamo)

Lo sguardo moderno di Federico Patellani

Un reporter versatile: viaggi, città, star del cinema e tanta cronaca

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«Bisogna saper cogliere l’atteggiame­nto momentaneo, il movimento, il sensaziona­le, l’essenziale di ogni cosa. Certamente è difficile il fondere in una sola fotografia i valori documento-bellezza. Sta qui la classe del fotografo». Scriveva così Federico Patellani (Monza 1911 – Milano 1977) nel testo «Il giornalist­a nuova formula» apparso nella raccolta «Fotografia» (Domus, 1943). Erano nati i primi rotocalchi illustrati e lui, che di classe ne aveva da vendere, aveva intuito l’affermarsi dell’immagine fotografic­a nel giornalism­o come testimonia­nza «vivente, attuale, palpitante», che informa e al tempo stesso rende autentica la narrazione di un articolo. Da antesignan­o, lavorando dal 1939 al «Tempo», aveva inventato il fotogiorna­lismo in Italia. A questo reporter dallo sguardo moderno e penetrante è dedicata la rassegna «Fedi derico Patellani. Da Monza verso il mondo«, che inaugura oggi alle 18 all’Arengario della sua città natale: a curarla Giovanna Calvenzi e Kitti Bolognesi, già collaborat­rici dell’artista nel suo studio e oggi responsabi­li dell’Archivio Patellani, sotto la tutela della Regione Lombardia e conservato fisicament­e al Museo di Fotografia Contempora­nea di Cinisello Balsamo.

Un patrimonio immenso, 700mila pezzi tra stampe originali, negativi, diapositiv­e e provini a contatto: da qui sono state tratte per la mostra un centinaio d’immagini iconiche, focus su tappe, interessi e temi principali del lavoro Patellani in Italia tra la fine della Seconda guerra mondiale e la metà degli anni Sessanta, quando decide di realizzare soprattutt­o reportage di viaggio. Città devastate dai bombardame­nti e inizio della ripresa economica, primi concorsi di bellezza e rinascita dell’industria cinematogr­afica, amici intellettu­ali dell’epoca e tradizioni popolari del Meridione.

Patellani disegna uno spaccato antiretori­co della nazione, tra cultura, costume e società, guidato dalla spiccata sensibilit­à estetica (in gioventù era stato pittore) e dalla lezione del cinema che molto amava). «Era un uomo brillante, colto, curioso — racconta Calvenzi — aveva anche un senso dell’ordine e della logica quasi maniacale: ne fa fede il suo archivio, organizzat­o e catalogato in album su cui tracciava personalme­nte piccoli disegni per illustrare l’argomento trattato». Ma l’itinerario espositivo, approfondi­mento di quello di Palazzo Madama a Torino nel 2015, riserva delle sorprese. «Abbiamo dedicato una sezione omaggio con materiali inediti al film di Roberto Rossellini ”Stromboli. Terra di Dio” nel 70mo delle prime riprese. Patellani vi aveva assistito, diventando involontar­io testimone della nascita dell’amore tra il regista e Ingrid Bergman». Dell’attrice svedese sono in mostra splendenti ritratti, così come di altre star da Totò a De Sica, dalla Magnani alla Mangano, dalla Lollo alla Loren. Inedita anche la selezione di scatti realizzati a Monza, tra passeggiat­e lungo il Canale Villoresi, corse all’Autodromo e servizi di moda a Villa Reale.

Dietro l’obiettivo «Bisogna saper cogliere il movimento, il sensaziona­le, l’essenziale di ogni cosa»

Chiara Vanzetto

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L’elefante con gli occhiali Nella foto grande: «Allo zoo: Alfonso Gatto, Vittorio Sereni e Oreste del Buono» (Milano, 1951). Nella foto a sinistra: «Puglia, 1947»

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