Corriere della Sera (Bergamo)

Tenaris torna all’utile Commessa in India e nuovi investimen­ti

Risultato netto nel 2018 di 26 milioni. L’anno prima era meno 22

- Ravaschio

Dalmine Spa è tornata in utile nel 2018 per 26 milioni, cancelland­o il «rosso» per 22 dell’anno prima, causato dalla transazion­e con il Fisco per le ritenute sui dividendi pagate in Lussemburg­o. Sul piano industrial­e la produzione si è riportata ai massimi livelli dal 2012, con 680 mila tonnellate di acciaio, in crescita anche per le maggiori forniture agli stabilimen­ti Tenaris nel Nord America, e 570 mila di tubi e bombole (più 13%). E il fatturato, cresciuto del 24% a 974,5 milioni, riavvicina la soglia del miliardo. «È stato un anno positivo con un recupero dei volumi e del fatturato a livelli che non si vedevano dal 2014, i tempi in cui il petrolio aveva quotazioni superiori ai 100 dollari al barile — spiega l’amministra­tore delegato Michele Della Briotta, che è anche area manager Europa Tenaris, la multinazio­nale guidata da Paolo Rocca che controlla il 99,55% della Dalmine Spa —. Nella prima parte del 2019 il mercato continua a risentire delle incertezze internazio­nali legate ai rapporti Stati Uniti-Cina e al rallentame­nto della crescita, ma comunque procede. Il mondo ha bisogno di energia e il petrolio intorno ai 70 dollari al barile rende interessan­ti gli investimen­ti agli operatori».

Per quanto riguarda la Dalmine «il carico dell’attività è stabile per tutto il 2019». La copertura della produzione rispetto al passato, con le maxi commesse Zohr o Leviathan, arriva da ordini un po’ più piccoli. «Due progetti hanno un interesse particolar­e: uno in India da 45 mila tonnellate per un progetto offshore della società petrolifen­icchie, ra nazionale e uno in Cina da 7 mila, sempre per attività offhore, evidenzian­o come l’Asia stia cercando di svincolars­i dalla dipendenza energetica — continua Della Briotta —. Per Dalmine è un motivo di orgoglio essere stata scelta, superando tra l’altro in Cina la concorrenz­a locale e giapponese, avvantaggi­ata sul piano logistico, grazie in particolar­e alla affidabili­tà che viene riconosciu­ta». E poi c’è la crescente attenzione verso come nelle bombole per stoccaggio di gas e idrogeno, che richiedono competenze e permettono di sottrarsi alla concorrenz­a del basso prezzo.

Grazie ai tubi per uso industrial­e, crescono anche le vendite di prodotti Dalmine in Italia, anche se la quota complessiv­a dell’export è salita dal 79,9% all’81,4%. La solidità industrial­e (e finanziari­a, con una posizione netta attiva, seppure scesa da 282 a 93 milioni per la distribuzi­one di dividendi) fa bene all’organico, salito per il terzo anno consecutiv­o, con un organico al 30 aprile di 2.148 persone. La crescita della produttivi­tà e i risultati in crescita hanno fatto intanto salire il premio di risultato medio dell’ultimo anno a 5.297 euro per gli operai fino a 5.752 euro per i quadri.

«Ci rende fiduciosi sul futuro anche il fatto che Tenaris, al contrario dei concorrent­i, stia investendo molto per crescere», osserva Della Briotta. Negli ultimi mesi sono state realizzate operazioni nei tre principali poli mondiali del petrolio: il Golfo (con l’acquisto del 47,79% di Saudi Steel Pipe in Arabia per 141 milioni di dollari), la Russia (con la joint venture al 49% con Severstal per realizzare in due anni un impianto di tubi saldati da 240 milioni in Siberia) e gli Stati Uniti (con l’operazione da 1,2 miliardi di dollari, ancora in attesa del via libera dell’Antitrust per rilevare dalla russa Tmk il 100% di Ipsco Tubolars, con una capacità produttiva di 1,4 milione di tonnellate di tubi saldati e non saldati e un’acciaieria annessa). Dalla futura attività di questi progetti anche Dalmine avrà dei benefici diretti, contribuen­do alla produzione di componenti per i tubi.

Estremo oriente

In Cina battuta la concorrenz­a locale, nonostante gli svantaggi logistici

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