Corriere della Sera (Bergamo)

Marito violento condannato a 7 anni di carcere

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Otto anni di violenza contro la moglie e i figli. Il tribunale di Bergamo ha condannato ieri a sette anni di reclusione un marito albanese che vive nella Bassa. Lui, in aula, aveva negato tutto.

Una volta, per i pugni sul volto, aveva perso del sangue da un orecchio. Si era fatta curare, ma non aveva detto nulla. Nulla sui maltrattam­enti e le violenze sessuali per i quali ieri il marito, Y.S. (le iniziali a tutela della vittima e del figlio), 31 anni, marocchino come lei, è stato condannato dal gup Ilaria Sanesi a 5 anni e 4 mesi di carcere (dove si trova), in abbreviato. È stato invece assolto dal procurato aborto, a 9 settimane di gravidanza, a novembre 2018. Il punto di non ritorno che convinse la donna (avvocato Cristina Pizzocaro) a denunciare. Lui la picchiò, 13 giorni dopo lei perse il bambino. Il medico sentito in aula, però, non ha potuto collegare con certezza e direttamen­te i due eventi. All’inizio, nel 2016, erano insulti. L’imputato aveva costretto la donna a raggiunger­lo in Marocco per sposarlo, minacciand­ola di mostrare ai parenti delle loro foto in intimità. Poi, in

Italia (nell’Isola), sono iniziati pugni, calci e schiaffi, fino al 2018. Anche davanti al bambino di lei nato da una precedente relazione. L’imputato diceva che lo avrebbe ammazzato e bruciato vivo, è la versione della donna. Che non poteva avere amiche e andare al lavoro. E se la notte non voleva avere rapporti sessuali erano ancora botte. L’uomo era stato arrestato il 27 febbraio, su ordinanza del gip Lucia Graziosi. Carcere, come chiesto dal pm Carmen Pugliese, il 4 febbraio, «pericolo concreto di un atto estremo» facendo riferiment­o anche a fatti di cronaca che avevano alzato il livello di attenzione. In testa, l’omicidio di Marisa Sartori, a Curno, il 2 febbraio. Difeso dall’avvocato Davide Ceruti, l’uomo aveva negato tutto davanti al gip: erano invenzioni della moglie perché non voleva la separazion­e, lo aveva già fatto con il precedente compagno. (g.u.)

Il medico «Non è certo il collegamen­to tra botte e perdita del bimbo»

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