Crac Agronomia «Bancarotta fraudolenta»
Indagato Alessio, ex presidente della Cdo
La Procura della Repubblica ha chiuso un’indagine per bancarotta fraudolenta a carico di Guglielmo Alessio, 60 anni, ex presidente della Compagnia delle opere di Bergamo e ex amministratore delegato di Agronomia, la società che fino al 2014 aveva avuto parecchio successo nel mercato dell’insalata, prodotta in particolare nelle serre di San Paolo d’Argon. Il fallimento risale al 2017: il pubblico ministero Nicola Preteroti concentra le accuse su alcuni passaggi sospetti, per esempio sei milioni e 200 mila euro distribuiti da Agronomia spa ad altre società del gruppo, senza accordi formali o contropartite precise, secondo l’accusa. Si sarebbero inoltre perse le tracce di quattro assegni (su un totale di dieci), che erano destinati da una società del gruppo proprio ad Agronomia. E mancherebbero all’appello anche alcuni beni, per esempio trattori e altre attrezzature.
Dieci settembre 2014. Agronomia sbarca in Baviera e vola in Borsa. In quel frangente, il gruppo, quotato dall’aprile precedente, racconta ai giornali i suoi piani stellari: investimenti per 13 milioni di euro per triplicare il fatturato nel giro di 5 anni. Perfino Antonio Pecassi ci crede e investe nel filone pugliese. È andata decisamente in modo diverso. Il 20 aprile 2017, quando il patron dell’Atalanta aveva già dato forfait da un anno, è arrivato il fallimento e ora la Procura chiude un’indagine per bancarotta fraudolenta aggravata a carico dell’amministratore delegato Guglielmo Alessio, 60 anni, di Mozzo, già presidente della Compagnia delle Opere.
È, era, una galassia societaria delle più complesse quella attorno al mondo delle serre d’insalata a San Paolo d’Argon. Insalata coltivata, imbustata e spedita ai supermercati. I dubbi del pm Nicola Preteroti riguardano in particolare 6 milioni 200 mila euro che Agronomia Spa, di cui Alessio era anche azionista di maggioranza, ha distribuito alle altre società del gruppo senza accordi formali né contropartite che le abbiano portato un qualche vantaggio. Le operazioni, per altro, risalgono a quando già navigava in brutte acque. A prescindere da dove sia finito il denaro, la tesi dell’accusa è chiara: quelle uscite, a cui il collegio di curatori fallimentari costituito da Lorenzo Gelmini, Enrica Giordano e Luigi Enrico Grumelli Pedrocca non ha saputo dare un senso, hanno contribuito a fare saltare il banco. Un altro nodo riguarda quattro assegni, di un pacchetto di dieci, usciti dalla partecipata Agronomia Scarl, poi diventata l’Ulivo di Puglia, fallita a sua volta il 22 luglio 2016. Erano stati emessi a favore di Agronomia Spa, ma solo sei risultano depositati. Degli altri quattro, per 200 mila euro in tutto, si sarebbero perse le tracce. Mancano all’appello anche alcuni beni: due trattori e diverse attrezzature per coltivare i campi. Nulla di trascendentale, ma gli inquirenti le considerano distrazioni, dunque bancarotta. Come il «gioco» sui crediti societari fatto nel bilancio del 31 dicembre 2015. Secondo i calcoli della Curatela fallimentare, i crediti effettivi superavano di poco i 350 mila euro, ma a bilancio era stata iscritta una cifra di oltre 2 milioni e mezzo. Un modo per restare a galla che avrebbe contribuito al dissesto per quasi 2 milioni. Infine, c’è un problema di carte. Alessio, per l’accusa, ha conservato le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio.
«Si tratta di fatti che possono essere chiariti — dichiara, per Alessio, l’avvocato Tomaso Cortesi —. Abbiamo chiesto di farci interrogare in Procura, perché riteniamo che una parte dei fatti possa essere chiarita già in questa fase. Attesa l’obiettiva complessità dei rapporti infragruppo, abbiamo chiesto anche una consulenza tecnica».
Sei milioni di euro Sono passati dalla società fallita alle altre del gruppo in maniera sospetta