TINTORETTO
L’Annunciazione torna in pubblico per la terza volta in cento anni: sarà «l’opera dell’Avvento» a Lecco Spunta l’angelo dai tratti femminili
È il capolavoro di Tintoretto che piaceva a Goering, gerarca nazista grande appassionato d’arte, che requisiva i quadri e depredava tesori per portare capolavori nella sua collezione privata. È l’opera di inestimabile valore acquistata all’asta da un privato nel 1989. È una meraviglia della pittura, ma è stata esposta in sole due occasioni negli ultimi cento anni. Ora «l’Annunciazione del Doge Grimani» (dal nome del suo antico proprietario) farà la sua terza apparizione in pubblico in occasione dell’Avvento: un appuntamento che avrà Lecco come cornice.
Nel cinquecentesimo anniversario della nascita del maestro veneziano Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, arriva sul Lario il dipinto maestoso (2,7 metri per 1,7) carico di significati spirituali e di segreti artistici. Il più affascinante, frutto degli studi compiuti proprio per allestire la mostra, è quello che riguarda l’arcangelo Gabriele: sotto i veli trasparenti la figura svela un accenno di seno, un angelo donna dai tratti dolcissimi di una ragazzina adolescente. «Quasi ad anticipare di cinque secoli le parole di Papa Giovanni Paolo II nel definire Dio padre e madre insieme», sorride soddisfatto il prevosto di Lecco, don Davide Milani, artefice principale dell’evento.
L’olio su tela sarà esposto al Palazzo delle Paure dal 6 dicembre al 2 febbraio 2020, con l’inaugurazione alla vigilia della festa per il patrono San Nicolò. «L’obiettivo è chiaro. Offrire all’intera città una particolare riflessione sul mistero cristiano del Natale. Farlo attraverso il linguaggio più diretto, quello dell’arte, ha un significato ancora più speciale», spiega don Davide Milani, capace di raccogliere il sostegno di aziende e privati, e grazie anche al contributo dell’amministrazione comunale trasformare in realtà un progetto al debutto, ma nelle intenzioni destinato a ripetersi ogni anno in occasione dell’Avvento. «Ignota la commissione originaria del dipinto — spiega il curatore artistico della mostra Giovanni Valagussa, noto per aver recentemente scoperto un dipinto di Andrea Mantegna negli archivi dell’Accademia Carrara di Bergamo —. Sappiamo che verso il 1750 l’opera apparteneva al doge Pietro Grimani, poi alla collezione Lechi a Brescia dove si trova intorno alla metà dell’Ottocento, in seguito a Vienna, da lì in Germania, prima a Berlino, poi al Castello di Ramholz, dove Hermann Goering custodiva la sua collezione.
Tintoretto, pseudonimo di Jacopo Robusti (1518 – 1594, nella foto un autoritratto), è tra i massimi esponenti della pittura veneta e dell’arte manierista in generale. Il soprannome gli deriva dal mestiere paterno, tintore di tessuti di seta. cancellando l’iconografia classica dell’angelo asessuato. «Abbiamo scelto questa opera per i suoi infiniti messaggi, un racconto per immagini: la stanza ampia con la grande finestra da cui entra il messaggero di Dio. Maria che lascia la cesta dei panni e il cuscino da ricamo per inginocchiarsi e ascoltare le parole di Gabriele. Il giglio candido segno di purezza, la colomba dello Spirito che illumina il centro della tela. Questo è il vero significato del Natale: Dio che grazie al sì di una donna assume la natura umana e diventa partecipe della nostra vicenda terrena», rimarca Don Davide. A fare da guida all’esposizione, che ha avuto il patrocinio della Diocesi di Milano, saranno gli studenti delle superiori di Lecco, nell’ambito di un progetto di alternanza scuola- lavoro.