Corriere della Sera (Bergamo)

Investì militare «È omicidio stradale»

Travolse l’appuntato Ora è omicidio stradale

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Cambia l’accusa per Matteo Colombi Manzi, che alle 3 della notte tra il 16 e il 17 giugno investì e uccise, a un posto di controllo a Terno d’Isola, l’appuntato scelto dei carabinier­i di Zogno, Emanuele Anzini, che aveva 41 anni. Il 24 gennaio, Colombi Manzi, di Sotto il Monte, dovrà rispondere di omicidio stradale aggravato davanti al gup Massimilia­no Magliacani. Colposo, quindi. Diverso, a livello morale più che di pena, dall’omicidio volontario con dolo eventuale per cui era finito in carcere. C’era rimasto fino all’inizio di settembre, quando il gip Federica Gaudino l’ha messo agli arresti domiciliar­i. Ora lavora ed è libero, ma ha l’obbligo di presentazi­one ai carabinier­i, su richiesta dello stesso pubblico ministero Raffaella Latorraca.

Un fatto non cambia. L’appuntato scelto dei carabinier­i di Zogno Emanuele Anzini, a 41 anni, è morto mentre lavora. Travolto a un posto di controllo a Terno d’Isola, alle 3 tra il 16 e il 17 giugno. Invece, è cambiata l’accusa per il suo investitor­e. Matteo Colombi Manzi, aiuto cuoco di 34 anni, di Sotto il Monte, il 24 gennaio dovrà rispondere di omicidio stradale aggravato davanti al gup Massimilia­no Magliacani. Colposo, quindi. Diverso, a livello morale più che di pena, dall’omicidio volontario con dolo eventuale per cui era finito in carcere. C’era rimasto fino all’inizio di settembre, quando il gip Federica Gaudino l’ha messo agli arresti domiciliar­i. Ora lavora ed è libero, salvo l’obbligo di presentazi­one ai carabinier­i, su richiesta dello stesso pubblico ministero Raffaella Latorraca. Il pm ha riqualific­ato il fatto alla luce della consulenza dell’ingegnere Paolo Panzeri, per la procura, e dell’approfondi­mento di un passaggio relativo a un «repentino scarto dell’auto». L’investitor­e, quindi, avrebbe cercato di evitare il carabinier­e che aveva indicato al conducente dell’Audi A3 di accostare. Invece, aveva preso in pieno l’appuntato, capopattug­lia, scaraventa­ndolo a cinquanta metri. Aveva tirato dritto per tornare indietro dieci minuti. Aveva bevuto cinque volte oltre il limite. Difeso dall’avvocato Federico Riva, al gip aveva anche detto di essersi distratto con il telefonino. Anche lui si è affidato a un consulente: la sterzata ripresa dalle telecamere, la velocità costante, la posizione della pattuglia e i lampeggian­ti non accesi secondo la difesa vanno a sostegno dell’ipotesi dell’incidente. Aggravato dall’alcol e dal fatto che l’imputato non si fosse fermato. È accusato anche di resistenza. L’appuntato scelto era padre di una ragazza di 19 anni che vuole seguire le sue orme. Ha lasciato lei e la moglie. Dal carcere, l’investitor­e scrisse loro una lettera. (g.u.)

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