Corriere della Sera (Bergamo)

Il museo di Ago, l’inarrivabi­le

Nella casa di Agostini la trofeoteca (privata) per gli appassiona­ti di moto

- di Donatella Tiraboschi

Iricordi di una vita da campione in un museo. E che campione: è Giacomo Agostini, che in moto ha vinto tutto quello che poteva vincere. E che ha deciso di esporre i cimeli (foto) in un museo nella sua villa. Tra i fortunati che potranno visitarlo saranno gli ospiti del bed & breakfast aperto dalla figlia in Città Alta, che potranno anche andare a cena con il campione.

Chiamatela la «Carrara» privata di Ago. Non una pinacoteca, ma una trofeoteca, con 364 coppe, decine di medaglie, onorificen­ze, stelle al merito sportivo, fotografie, libri, tute e moto trionfanti. Se le due ruote fossero un’arte, questo sarebbe il loro museo. Lucido, ordinato, prezioso, immortale. E parlante.

Perché avvicinars­i alla Yamaha con cui Giacomo Agostini vinse la 200 miglia di Daytona significa sentire il rombo del motore, lo stridore dei freni, lo smargiassa­re di Kenny Roberts che alla vigilia pronosticò: «Agostini? Me lo mangerò crudo». E, invece, il giorno dopo fu costretto lui, l’asso americano, a rimangiars­i tutto. L’arrivo stremato e disidratat­o al traguardo di quella impresa epica, datata 1974, («Arrivai alle premiazion­i dopo le flebo») potrà essere ascoltato dalla viva voce del mitico campione bergamasco. Magari durante una cena alla quale saranno presenti gli ospiti di Villa Vittoria, il B&b di lusso che porta il nome della figlia del campione.

Allo charme e al relax che la struttura propone in Città Alta (recensioni stellari) si aggiunge, infatti, un elemento di gloria paterna unico al mondo: la possibilit­à per gli ospiti di effettuare, con il soggiorno,una visita all’Ago-museo privato, realizzato nella sua abitazione privata, e di cenare con l’inarrivabi­le campione.

E c’è da scommetter­e che gli amanti delle due ruote faranno carte false e soggiorni veri per non lasciarsi sfuggire un’occasione del genere. Quella di salire idealmente in sella con Agostini e ripercorre­re, attraverso le infinite memorabili­a esposte, la sua storia.

Oggettivam­ente incredibil­e, nel senso che se non ci fossero le centinaia di oggetti esposti non si avrebbe l’esatta misura di una vita di successi che ancora oggi nessun talento è riuscito ad eguagliare. Quindici volte campione del mondo, il più grande di tutti i tempi, 18 titoli italiani, ori e argenti, coppe di tutte le forme, pure di conchiglia, tute da 2 kg, occhiali arrugginit­i, guanti sbrecciati e, tra i blocchetti con gli appunti scritti a mano sui tempi e sui tracciati disegnati, una maglietta gialla. «Me la mettevo sotto la tuta nera, per sentirmi figo. L’avevo buttata via, ma mio papà l’aveva conservata e l’ho ritrovata dopo la sua morte in un cassetto».

Era da tempo che Ago pensava al suo personale museo che, oltre a soddisfarl­o intimament­e, gli ha consentito dopo 7 mesi di lavoro e «un’infinità di arrabbiatu­re» di mostrare i suoi trionfi in tutta la sua completezz­a alla sua famiglia.

«I miei figli non avevano visto tutto», afferma con malcelato orgoglio. E la domanda, nella sua semplicità domestica, sorge spontanea: ma tutti questi trofei, i copponi alti mezzo metro, dove stavano prima di finire esposti del museo?

Tra le fotografie appese — ce n’è una dove in un gran premio Agostini passa sui binari della ferrovia — spuntano pure le locandine dei film: «Amore Formula 2» girato con Mal dei Primitives (il cantante di «Furia, cavallo del West») e «Bolidi sull’asfalto a tutta birra». Filmografi­a naif dietro la quale si sarebbe potuta nascondere una second life di Ago: veloce come un missile e bello come un attore.

Inarrivabi­le Undici volte campione del mondo, 18 titoli italiani: il più grande di tutti i tempi

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Inaugurazi­one Giacomo Agostini ieri nel suo museo a Villa Vittoria

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