Cara sorella mi manchi e ti scrivo
La penna graffiante di Lidia Ravera per un affresco adolescenziale Marina Massironi «Uno sguardo sensibile sulla realtà femminile»
Due sorelle adolescenti sono separate dal divorzio dei genitori: una rimane con la madre, l’altra cambia città con il padre. Le lettere che si scambiano — fra accuse e confidenze, consigli e descrizioni — creano un legame che le aiuta a non perdersi, ad affrontare la quotidianità, a diventare adulte… Il romanzo di Lidia Ravera intitolato in origine «Sorelline» è diventato «La somma di due» nella trasposizione drammaturgica di Marina Massironi e Nicoletta Fabbri (anche interpreti), al Gerolamo da sabato. «È una storia dai contenuti importanti. E la penna di Lidia è graffiante — racconta Marina Massironi —. Nicoletta e io l’ammiriamo molto per il suo percorso di donna oltre che di intellettuale e scrittrice: ci ha accompagnato negli ultimi decenni con un occhio attento alla realtà femminile, alla sua posizione nella società, in famiglia. La sua scrittura ironica ci ha trascinato. Riesce a raccontare il mondo adolescenziale pieno di conflitti e sorprese, positive e negative, con momenti molto dolci e anche divertenti: è quasi un romanzo di formazione».
E Angelica e Carlotta trovano vita e voce nuove con Marina e Nicoletta. «Non abbiamo mai pensato all’immedesimazione per evidenti motivi anagrafici — prosegue Massironi, che a breve rivedremo a teatro ne «Le verità di Bakersfield» di Sachs con Roberto Citran —: ci interessava però tutto il mondo emotivo che sta dietro, lo sguardo sulla famiglia e il fatto che siano raccontati da due adolescenti frutto in realtà di una penna adulta. Non ci sono giudizi, ma prese di posizione vere. E sentimenti che sono trasversali: alcune cose appartengono solo all’adolescenza, altre assolutamente no». Fondamentale poi lo stile letterario della narrazione. «Il romanzo è epistolare: è una corrispondenza in un’epoca in cui ancora non c’erano telefonini e whatsapp e si comunicava con carta e penna. Ma ci piaceva la forma della lettera, la tensione alla scrittura, il tempo della riflessione che implica — conclude l’attrice —. Operando su piani emotivi diversi, abbiamo lavorato sull’evocazione di quel che le lettere descrivono: il mondo in cui le ragazze devono vivere separatamente, l’universo interiore e la mancanza che sentono una dell’altra. Il tutto affidato a un allestimento semplice: è come se fossero piccoli monologhi che, anche grazie al disegno di regia di Elisabetta Ratti, sono contenuti da un mondo interiore che si modifica piano piano e tiene unite le sorelle nonostante la distanza fisica».