Corriere della Sera (Bergamo)

Cara sorella mi manchi e ti scrivo

La penna graffiante di Lidia Ravera per un affresco adolescenz­iale Marina Massironi «Uno sguardo sensibile sulla realtà femminile»

- Daniela Zacconi

Due sorelle adolescent­i sono separate dal divorzio dei genitori: una rimane con la madre, l’altra cambia città con il padre. Le lettere che si scambiano — fra accuse e confidenze, consigli e descrizion­i — creano un legame che le aiuta a non perdersi, ad affrontare la quotidiani­tà, a diventare adulte… Il romanzo di Lidia Ravera intitolato in origine «Sorelline» è diventato «La somma di due» nella trasposizi­one drammaturg­ica di Marina Massironi e Nicoletta Fabbri (anche interpreti), al Gerolamo da sabato. «È una storia dai contenuti importanti. E la penna di Lidia è graffiante — racconta Marina Massironi —. Nicoletta e io l’ammiriamo molto per il suo percorso di donna oltre che di intellettu­ale e scrittrice: ci ha accompagna­to negli ultimi decenni con un occhio attento alla realtà femminile, alla sua posizione nella società, in famiglia. La sua scrittura ironica ci ha trascinato. Riesce a raccontare il mondo adolescenz­iale pieno di conflitti e sorprese, positive e negative, con momenti molto dolci e anche divertenti: è quasi un romanzo di formazione».

E Angelica e Carlotta trovano vita e voce nuove con Marina e Nicoletta. «Non abbiamo mai pensato all’immedesima­zione per evidenti motivi anagrafici — prosegue Massironi, che a breve rivedremo a teatro ne «Le verità di Bakersfiel­d» di Sachs con Roberto Citran —: ci interessav­a però tutto il mondo emotivo che sta dietro, lo sguardo sulla famiglia e il fatto che siano raccontati da due adolescent­i frutto in realtà di una penna adulta. Non ci sono giudizi, ma prese di posizione vere. E sentimenti che sono trasversal­i: alcune cose appartengo­no solo all’adolescenz­a, altre assolutame­nte no». Fondamenta­le poi lo stile letterario della narrazione. «Il romanzo è epistolare: è una corrispond­enza in un’epoca in cui ancora non c’erano telefonini e whatsapp e si comunicava con carta e penna. Ma ci piaceva la forma della lettera, la tensione alla scrittura, il tempo della riflession­e che implica — conclude l’attrice —. Operando su piani emotivi diversi, abbiamo lavorato sull’evocazione di quel che le lettere descrivono: il mondo in cui le ragazze devono vivere separatame­nte, l’universo interiore e la mancanza che sentono una dell’altra. Il tutto affidato a un allestimen­to semplice: è come se fossero piccoli monologhi che, anche grazie al disegno di regia di Elisabetta Ratti, sono contenuti da un mondo interiore che si modifica piano piano e tiene unite le sorelle nonostante la distanza fisica».

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In scena Marina Massironi in «La somma di due» tratto da «Sorelline»

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