Piccoli sindaci, più soldi La beffa degli esclusi
Da luglio 2020 stipendi fino a 1.400 euro. E torna l’indennità per il presidente della Provincia
Approvato l’emendamento del Pd che da luglio 2020 alzerà lo stipendio dei sindaci dei piccoli comuni, fino a 3 mila abitanti. In Bergamasca sono coinvolti in 120. Fra applausi e qualche polemica, il documento ripristina anche l’indennità per i presidenti di Provincia.
Sale fino a 1.400 euro netti al mese lo stipendio dei sindaci dei piccoli comuni fino ai tremila abitanti. L’approvazione dell’emendamento in commissione finanziaria alla Camera si tradurrà, dal luglio del prossimo anno, in maggiori compensi per 120 primi cittadini bergamaschi. La proposta, legata alla legge di bilancio 2020, ricalca una proposta del gruppo di Cambiamo! ma ha la firma del Pd e modifica anche il testo del decreto Delrio reintroducendo l’indennità per i presidenti di Provincia. Dieci milioni di euro dal ministero dell’Interno sarebbero già sul tavolo per sostenere la misura che non dovrebbe così impattare sui bilanci comunali.
«Si riprende una proposta di legge del collega Claudio Mancini — spiega Elena Carnevali, deputata del Pd —. È un riconoscimento del lavoro di chi quotidianamente si impegna per la cittadinanza». Dal centrodestra la soddisfazione è a metà. «Finalmente si riconosce l’importanza dei sindaci che lavorano quasi gratis», commenta Alessandro Sorte, deputato bergamasco di Cambiamo! che, due mesi fa, insieme al collega Stefano Benigni aveva proposto il raddoppio delle indennità. «Il nostro era stato un gesto di coraggio in un clima di antipolitica, un disegno migliore di quello approvato, che coinvolgeva una platea più ampia». I malumori, infatti, corrono già fra i sindaci tagliati fuori, quelli dei comuni fino a 5 mila abitanti. «È una beffa — aggiunge Sorte —, lavoreremo perché i benefici si estendano a tutti». Poi il commento in merito alla misura provinciale: «Il Pd ha posto rimedio a un danno che aveva provocato e che ha contribuito a distruggere uno dei pochi enti che funzionava a dovere».
Tornando ai comuni fino a 3 mila abitanti, l’indennità dei primi cittadini arriverà all’85% di quella prevista per i colleghi che amministrano una popolazione fino a 5 mila abitanti. Giuseppe Togni è sindaco a Cavernago, 2.639 abitanti: «Fa piacere che a Roma si siano accorti del nostro lavoro — commenta —. L’auspicio è che non sia un contentino per subire poi tagli ai fondi pubblici. Servono riforme serie, lo snellimento dei vincoli e della burocrazia. Bene l’indennità ma c’è bisogno di tanto altro». Scettica, Luisa Fontana, prima cittadina di Medolago: «Il riconoscimento è giusto, ma voglio essere sicura che non saranno soldi dei miei cittadini, altrimenti non li vorrò». «Finalmente — commenta, invece, il leghista Alberto Maffi, sindaco a Gandosso che conta 1.457 abitanti —. Si torna a dare dignità a quello che più di un lavoro è una missione. Il secondo passo dovrebbe essere l’aumento dei compensi anche per i colleghi dei paesi più popolati». Ed è proprio fra i sindaci dei Comuni medio-piccoli che il malumore si diffonde a macchia d’olio. Per Rosaria Albergati, sindaco a Madone, «è un’ingiustizia. L’impegno — dice — non dipende dal numero di abitanti, a Madone sono 4 mila, è lo stesso un Comune piccolo». Lo stipendio di Alessio Paolo, sindaco a Presezzo, poco meno di 5 mila abitanti, è di 550 euro al mese. «Sarebbero 1.100 se fossi in pensione o in aspettativa — osserva —. Di fatto è un rimborso spese, ma candidarsi non è una scelta legata al compenso, lo si fa per il bene dei cittadini. I comuni piccoli erano più penalizzati rispetto a noi, l’impegno che ci mettiamo è lo stesso e va oltre i compiti istituzionali».
Il capitolo relativo ai presidenti delle Province riporta al caos politico del 2014. Il governo Renzi ci aveva puntato la sua stessa sopravvivenza e lo smantellamento degli enti sovracomunali sembrava questione di giorni. Tutto affossato dal referendum. Cinque anni dopo, si cambia ancora: i presidenti delle Province avranno diritto a un compenso pari a quello dei sindaci del capoluogo (purché non coincidano o non siano già sindaci in città metropolitane). «Rimarrò il primo e ultimo presidente della nostra Provincia ad aver svolto gratuitamente il servizio — scrive amareggiato su Facebook l’ex presidente Matteo Rossi —. Ma a noi amministratori interessa il riconoscimento della comunità che abbiamo deciso di servire e alla quale sentiamo di appartenere. La scelta del Parlamento — continua Rossi — è di buon senso. Non sto gioendo perché vengono dati più soldi ai politici, ma perché si riconosce il ruolo di chi amministra il territorio e lo rende accessibile non solo a chi sta bene economicamente, ai sindaci delle grandi città o a chi può godere di una pensione, ma anche a chi pensa di avere stoffa e cuore per mettersi a disposizione e ci vuole davvero provare. Questo migliora la democrazia».
L’attuale presidente di Via Tasso Gianfranco Gafforelli, che è anche sindaco di Calcinate, sposta il focus: «La priorità — sottolinea — è la riforma delle Province, va rivisto l’impianto complessivo, questo sì che sarebbe un passo produttivo».
Si torna a dare dignità a quello che più che un lavoro è una missione Alberto Maffi Gandosso
È una ingiustizia. L’impegno non dipende dal numero di abitanti Rosaria Albergati Madone L’emendamento pd Riguarderà i primi cittadini dei paesi fino ai tremila abitanti: 120 in Bergamasca