Corriere della Sera (Bergamo)

Yara, sui reperti decide il presidente della Corte

Dopo l’ok a «esaminare» i vestiti di Yara e i campioni, la precisazio­ne del presidente: «Solo ricognizio­ne». E il pm ha chiesto la confisca

- Giuliana Ubbiali gubbiali@corriere.it

Il presidente della Corte d’Assise deciderà se confiscare (come chiede il pm) i reperti delle indagini sull’omicidio di Yara. La difesa potrà fare una ricognizio­ne sui reperti, ma non analizzarl­i.

«Deve infine disporsi, all’esito del passaggio in giudicato della sentenza, la restituzio­ne all’imputato dell’autocarro, della documentaz­ione contabile e degli ulteriori beni oggetto di sequestro probatorio». Primo luglio 2016, Massimo Bossetti viene condannato all’ergastolo, per l’omicidio di Yara Gambirasio, dalla Corte d’Assise di Bergamo.

Parte da quel passaggio l’ultimo nodo della vicenda del carpentier­e di Mapello che per la giustizia è chiusa con la sentenza definitiva, il 12 ottobre 2018. Se il furgone e gli altri oggetti di Bossetti sono stati restituiti alla sua famiglia, nessun grado di giudizio ha mai indicato che fine debbano fare gli indumenti della bambina da cui venne isolato il Dna, pilastro della condanna, e i campioni di materiale genetico consegnati all’ospedale San Raffaele.

Si trova tutto all’ufficio corpi di reato, in procura, ed è ancora sotto sequestro. Sembra un dettaglio, ma è un intoppo emerso nel momento in cui gli avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, hanno chiesto alla Corte d’Assise di poter «esaminare» gli indumenti della bambina e i campioni di Dna del San Raffaele. Cercano spunti a favore del loro assistito, dove tre processi non li hanno rilevati, per chiedere la revisione.

Il termine «esaminare» deve aver generato un equivoco, altrimenti non si spieghereb­be perché il presidente Giovanni Petillo, che ha autorizzat­o la difesa, abbia poi inviato un provvedime­nto all’ufficio corpi di reato con cui precisa che si intende «ricognizio­ne», alla presenza della polizia giudiziari­a. Per come stanno le cose, reperti e campioni di Dna si trovano in uno stato di passaggio. Con la sentenza definitiva, spetta alla Corte disporne ma di fatto sono ancora tra il materiale dell’indagine. «Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazio­ne le cose sequestrat­e sono restituite a chi ne abbia diritto, salvo che sia disposta la confisca», dice il codice di procedura penale. La prima significhe­rebbe restituire a Fulvio Gambirasio e Maura

Panarese quel che rimane degli indumenti di Yara. Il pm Letizia Ruggeri ha chiesto la seconda opzione, per tutto, al presidente Petillo. Significhe­rebbe affidarne la custodia allo Stato. Deciderà il presidente, con un’ordinanza. Se gli avvocati del muratore dovessero opporsi, servirebbe una camera di consiglio in cui prendere in consideraz­ione le ragioni delle parti.

Nella pratica, se domani la difesa si presentass­e all’ufficio corpi di reato in procura che cosa potrebbe fare? Vedere, controllar­e. Analizzare, no. Portare via, men che meno. «Se volessimo, per fare un esempio, potremmo esaminare i leggings con le lampade e fotografar­li — è certo Salvagni —. L’analisi, nel caso in cui emergesser­o tracce che ci interessan­o, sarebbero consequenz­iali. Intanto, quello della Corte d’Assise è un primo sì che nessuno ci aveva mai dato.

Il giorno dopo l’autorizzaz­ione, sono venuto a Bergamo per notificarl­o alla procura e all’ufficio corpi di reato». Nell’istanza, la difesa ha chiesto alla Corte anche di «disporre e assicurare la conservazi­one di tutti i reperti e i campioni di Dna dai medesimi estratti, inibendone la distruzion­e».

Un pericolo allo stato inesistent­e. Il pm Ruggeri già a marzo aveva chiesto che i reperti, nel frattempo inviati dal Ris al comando provincial­e dei carabinier­i, venissero depositati all’ufficio corpi di reato. Tra passaggi e tempi della giustizia, ha avuto il via libera a settembre. È recente anche la consegna dei campioni di Dna dal San Raffaele. In caso di confisca, rimarrebbe tutto a disposizio­ne. Per nuove analisi, che tre gradi di giudizio hanno respinto, la difesa dovrebbe passare attraverso una nuova autorizzaz­ione.

L’avvocato

«Possiamo esaminare i leggings: se troviamo tracce, le analisi sono consequenz­iali»

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Massimo Bossetti è detenuto nel carcere di Bollate
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In carcere Massimo Bossetti, nella foto a Bergamo, è in cella a Bollate

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