E il mare invase la Corsarola
Le opere sono ancora in fase di preparazione, in tutto saranno 15. Ci sarà anche una zattera con vicino il ritratto del sindaco Giorgio Gori. In tutte le tele del collettivo Ferrario Frères (lo stesso che ha curato la Passione nella chiesa dell’ospedale) c’è il mare che invade Bergamo, con i suoi naufraghi: un invito a riflettere.
ABergamo c’è tutto. «Tranne il mare» osserva qualcuno. Ma cosa succederebbe se ci fosse e ad un certo punto il livello dell’acqua si alzasse fino a toccare Città Alta? Se arrivasse una marea, come è successo a Venezia, in grado di travolgere e inondare tutto quello che incontra? Che cosa si vedrebbe? La Corsarola dove un passante cerca riparo con una coperta termica, la piazzetta attorno alla fontana di San Pancrazio dove un labrador sguazza felice, Piazza Vecchia come Piazza San Marco con uno tsunami che, partendo dalla Cappella Colleoni, sommerge tutto nel buio della notte. Piazza Vecchia diventa il mare e la biblioteca Mai la battigia. E intanto in Città Bassa il viale Vittorio Emanuele si allaga, con l’acqua che arriva fino in Porta Nuova.
Le visioni, tra l’onirico e l’artistico sono impressionanti e coinvolgenti, soprattutto dopo le recenti immagini, anche drammatiche, della super marea che ha travolto il capoluogo veneto. La Bergamo ammarata sotto i cieli lividi è il sorprendente tema creativo del nuovo progetto di Ferrario Frères, nome che indica un collettivo in cui, dal 1995, con grande «fluidità» confluiscono «fraternamente» varie personalità artistiche, in particolare bergamasche, con tocchi innovativi e in grado di provocare riflessioni importanti. Il collettivo fa capo a Ferdinando Ferrario: già autore di alcune opere originali, dalla caratteristica Passione di Cristo realizzata per la cappella dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII ambientata nella città di Bergamo, ad Atelier, il ciclo di tre opere raffiguranti alcuni tra i personaggi cittadini più noti, Ferrario, bergamasco di Città Alta, rappresenta la figura terminale dell’ensemble che si avvale di collaborazioni, anche di breve periodo. Fratelli d’arte, insomma.
L’artista non è nuovo a contesti espressivi e formali che prediligono, come nel caso della Bergamo sott’acqua, una ricostruzione iperrealista ma allo stesso tempo capace di intrecciare realtà e finzione, mito e allegoria, suggerendo percorsi e spunti di rilievo.
Il tema della progettualità che si dipana in 15 opere, è quello del naufragio e del suo profondo, ancestrale significato. «Naufragi, naufraghi e relitti — spiega l’artista di Città Alta — sono elementi residuali della tensione dell’oltre che ognuno di noi possiede. Questa sfida fa parte della cultura di ogni civiltà e trova la sua metafora negli sterminati orizzonti d’acqua sfidanti. Ci sfidano ad attraversarli per rendere manifesto l’ignoto». Da sempre sinonimo di precarietà e rivolgimento della sorte e di impotenza per l’uomo, il naufragio ha rappresentato per poeti, scrittori e artisti una metafora esistenziale di ancestrale importanza: dalle peregrinazioni marittime di Odisseo alle grandi vicende di disastri navali e miracolosi episodi di sopravvivenza della letteratura sette-ottocentesca, l’incubo di cadere preda del mare e di perdere persone negli oceani, è stato una nota costante. E lo è anche nella realtà, nella fase storica attuale, con i barconi che attraversano il Mediterraneo per raggiungere l’Italia e l’Europa, al centro del confronto politico.
Il mare è, d’altronde, il simbolo dell’ignoto e di ciò che l’uomo non può dominare: mettersi in mare ha sempre costituito per gli uomini una sfida eccezionale. «Questa sfida fa parte della cultura di ogni civiltà e trova la sua metafora negli sterminati orizzonti d’acqua che sfidano a essere attraversati per rendere manifesto l’Ignoto — prosegue Ferrario — così l’uomo accetta l’agone, sopraffatto dall’inquietudine, per andare oltre la routine del quotidiano. Cio che ordinariamente sente per dato e immutabile, viene lanciato, come posta, sul piatto della sfida e, lasciatosi tutto alle spalle, velocemente dirige la prua verso il nuovo i cui frutti sono la conoscenza e la nostalgia».
Bergamo, città sempre più conosciuta per le sue vie caratteristiche e i suoi monumenti, viene così sommersa da una marea montante che rende le stesse architetture aliene e stranianti. Un’opera complessa, quella di Ferrario, che oltre le 15 tele con altrettante vie cittadine riprodotte con stampa digitale (messe sotto una teca in plexiglass 70 per 60 centimetri) prevede la realizzazione finale del modello di una zattera: l’imbarcazione, precaria, sarà accompagnata anche dai ritratti di noti personaggi cittadini, rappresentanti della vita civica e religiosa, da don Giuliano Zanchi al sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, interrogati dall’artista sul tema di «nuove visioni e nuovi approdi». «Il fine ultimo di questo lavoro — conclude Ferrario — è proprio questo, capire dove il mare ci sta portando e su quale terra sbarcheremo». Le opere, una volta ultimate, saranno esposte in più negozi della città.
Il progetto Le opere del collettivo Ferrario Frères saranno esposte in più negozi della città
La zattera
Un’imbarcazione precaria sarà affiancata da volti noti, anche quello di Gori