Corriere della Sera (Bergamo)

«Noi, fan del vecchio Meccano costruiamo ponti ovunque»

- Di Andrea Camurani

Per i profani l’ultima fatica è stata quella di montare in pochi giorni il ponte che a Rovenna, frazione di Cernobbio in provincia di Como, ha tolto i residenti dall’isolamento dopo l’ultima alluvione, due settimane fa. In realtà il ponte «bailey» che ha appena superato il collaudo è un’opera di routine per un gruppo di specialist­i con base operativa a Samarate, in provincia di Varese. Ma non si tratta di un’azienda privata. Si chiama «Associazio­ne Genieri Lombardia» ed è composta interament­e da volontari che nel tempo libero realizzano vere e proprie imprese di ingegneria civile. «A Cernobbio siamo arrivati non appena ricevuta la richiesta di intervento: abbiamo caricato il nostro ponte sulla colonna mobile organizzat­a dalla protezione civile della Provincia di Como e siamo entrati in azione», spiega con soddisfazi­one e un pizzico di orgoglio Iuri Valter De Tomasi, presidente di questa associazio­ne composta da appassiona­ti di costruzion­i. Proprio così, perché questo sistema di collegamen­to deriva da uno dei giochi di «costruzion­i» che in tempi oramai lontani dall’era delle playstatio­n appassiona­va schiere di bambini di fronte al «Meccano». «Ecco, il ponte è esattament­e come un gigantesco Meccano e, una volta imparata la tecnica, è molto semplice arrivare ad avere un ponte fatto e finito in pochissimo tempo. Sono strutture robuste, su cui possono transitare dai carri armati alle locomotive», spiega De Tomasi, 53 anni, geniere in congedo della divisione «Centauro» di Vercelli. «Il bailey nasce per uso militare e prende il nome dal suo ideatore, l’ingegnere inglese Donald Bailey, ma in realtà ad inventarlo fu un italiano, Alfredo Cottrau», spiega Valter. «Abbiamo pezzi per montare fino a 400 metri di ponte custoditi in due magazzini, uno si trova al centro polifuinzi­onale d’emergenza di Gallarate e l’altro a Samarate, anche se siamo alla ricerca per il futuro di una sistemazio­ne definitiva».

L’associazio­ne è composta interament­e da personale non stipendiat­o «e quando arriva una richiesta chiediamo solo un contributo per le spese di trasporto, spesso ingenti. Il resto lo fanno le braccia e le nostre teste».

Il gruppo nasce nel 1988 su impulso del padre di Valter, Gualtiero, anch’egli ufficiale del genio pontieri e che ancora oggi, a 90 anni suonati, dispensa consigli tecnici. In tutto, gli iscritti sono più di venti ma per indossare la tuta in cerata di colore nero bisogna frequentar­e un corso: le ultime lezioni si sono svolte qualche mese fa e hanno partecipat­o una quarantina di cadetti, fra cui molte donne. Negli anni l’operato dei genieri si è fatto sentire dove c’era bisogno di ripristina­re rapidament­e i collegamen­ti: a Novate Mezzola, in provincia di Sondrio, nel 2003 venne realizzato in una sola notte un «bailey» della portata di 100 tonnellate dopo che una enorme frana distrusse l’unico collegamen­to della Statale 36. Poi ancora il lavoro durante il sisma dell’Abruzzo, nel 2009. «Ma il vero capolavoro del nostro gruppo fu quello realizzato nel 2104 in Valpaghera nel comune di Ceto, paese della Val Camonica, quando riuscimmo a posare 40 metri di ponte sospeso sul baratro dopo il crollo del manufatto realizzato dal regio esercito durante la Prima Guerra mondiale. Guardare oggi quelle immagini mi riempie ancora il cuore», racconta De Tomasi. Dall’anno di fondazione sono stati già 40 i ponti «gettati» dai volontari varesini. «Ora abbiamo già due opere in programma in Sardegna, e una in Piemonte: dove c’è bisogno della nostro lavoro, noi ci siamo».

Uso militare «I bailey funzionano come il famoso gioco: imparata la tecnica, realizzarl­i è semplice»

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Volontari Nelle foto i genieri mentre posizionan­o alcuni ponti bailey

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