Due di due 30 anni dopo
Il bestseller di De Carlo torna in una nuova edizione «Stavolta mi sono disegnato anche la copertina»
«Chi lo ha letto allora, adesso non è più giovane ma si è portato dietro questo libro come un compagno di viaggio». L’altra sera al ristorante da Giacomo Andrea De Carlo festeggiava con la sua nuova editrice i trent’anni di «Due di due», romanzo di formazione per più di una generazione. Ospiti d’onore i librai milanesi: «Senza di voi, noi editori saremmo zoppi— ha detto Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale di La nave di Teseo —. Io sono cresciuta con Andrea e ho sempre amato la sua attività pittorica e grafica: così è nata l’idea di questa collana d’autore con le copertine da lui disegnate. E questa edizione speciale illustrata di “Due di due”».
De Carlo, qual è il segreto del successo di questo libro?
«Posso fare delle ipotesi: i temi e le situazioni di cui parlo. La condizione di adolescenti di 14-15 anni descritta all’inizio è universale. Non è legata solo a quel periodo, subito prima del ‘68: ogni ragazzo di quell’età vive quegli stessi dubbi, quello stesso conflitto tra desiderio e realtà. Realtà sempre molto diversa da quello che uno si aspetta».
Quanto c’è di lei nei due protagonisti, Mario e Guido?
«C’è molto, è come se io mi fossi diviso in due. Si conoscono al Berchet, che è il liceo dove ho studiato io. Sono personaggi complementari ma con caratteri opposti: Mario, che racconta la storia, è prudente, riflessivo, e scrive. Guido invece, è avventuroso, impulsivo, rischia di più. Sono come le due parti di una sola personalità».
Immaginava all’epoca tanto successo?
«No, è una storia che sentivo di dover scrivere perché aveva come un’urgenza di essere raccontata. Però ero anche convinto che non l’avrebbero letta in molti, ma solo chi aveva vissuto più o meno le mie esperienze, quindi quegli anni, quei periodi, quei luoghi. La Milano degli anni 60/70. Non è stato così». Com’è cambiata Milano? «Mi piace sicuramente molto di più adesso: quella in «Due di due» era molto grigia, uniforme, anche persecutoria, una città industriale poco favorevole alla vita di chi ci abitava. Adesso è cambiata molto, variegata, abitata da persone diverse tra loro: è diventata una metropoli contemporanea, una città che si trasforma fisicamente, che si costruisce di nuovo, si ristruttura. Per molti anni è rimasta paralizzata, riflettendo poco la presenza di molte intelligenze creative che ci sono».
Un romanzo nella Milano di oggi?
«Questa città m’ispira: ci ritorno sempre nei miei libri, in un modo o nell’altro si riaffaccia comunque. Anche nell’ultimo, “Una di luna”, ambientato a Venezia e in parte nella periferia milanese».
Ha mai pensato di trarre un film da «Due di due»?
«Ci sono stati vari progetti ma sono contento che non si siano concretizzati: il film dev’essere quello che si fa nella testa chi legge».
E la passione per i disegni come nasce?
«L’ho sempre avuta: mi piace fare degli schizzi con le matite colorate, in una forma molto semplice, anche innocente. Che ha a che fare con l’infanzia, perché da bambino disegni con le matite».
Confronti «La Milano di allora era grigia e persecutoria Oggi è una metropoli vivace e in evoluzione»