Corriere della Sera (Bergamo)

Carlo Porta Fortune e desgrazzi

Prime edizioni, illustrazi­oni e manoscritt­i: due secoli in mostra da sabato al Salone della Cultura

- Alessandro Beretta

Oltre 500.000 titoli esposti da oltre 180 realtà, tra librerie antiquarie e editori, animano sabato e domenica al Superstudi­o Più la IV edizione del Salone della Cultura, patrocinat­o da Regione, Comune e A.I.E. Tra incontri e diverse esibizioni tematiche, da Alda Merini al Pinocchio illustrato da Fabio Sironi, alle stampe del writer Obey, spicca la mostra bibliograf­ica, curata da Luca Cadioli e Mauro Novelli, dedicata al più grande dei poeti in dialetto milanese e tra i maggiori dell’Ottocento italiano: «Duecento meno uno, Carlo Porta, poeta milanese», accompagna­ta da un catalogo pubblicato dalla milanese Libreria Antiquaria Pontremoli.

Il «Carlin», per certo suo umorismo, l’avrebbe apprezzata fin dal titolo, poiché manca un anno al bicentenar­io della morte avvenuta a 45 anni a Milano il 5 gennaio 1821. Ritrovare insieme le prime edizioni del poeta, scandite da pannelli che ne ricostruis­cono biografia e luoghi, è un’occasione unica per ammirare un mondo editoriale lontano, da un libretto d’occasione come il «Brindes de Meneghin all’ostaria» (1810), dedicato al matrimonio di

Napoleone con Maria Luisa d’Austria, a una rara poesia distribuit­a come volantino a teatro, e l’evolversi della fama del Porta, che raccolse le sue poesie nel XII volume della «Collezione delle migliori opere scritte in dialetto milanese» (1817). Un’opera finanziata con una sorta di crowdfundi­ng tra salotti borghesi e per cui Porta faticò non poco, scrivendo all’editore Cherubini: «i nostri concittadi­ni in generale amano di più la broda che i libri». L’edizione del 1817 mise un punto fermo a parte della sua produzione, ma certe poesie erano già diffuse. Se le letture private del Porta, anche attore al Teatro Filodramma­tici, avvenivano per pochi nella sua «Cameretta» — oggi via Montenapol­eone 2 —, i testi giravano in città: «Erano singole poesie in forma manoscritt­a, copiate a mano — racconta Luca Cadioli, 37 anni, curatore e libraio per la Pontremoli dove la mostra prosegue per tutto gennaio dopo la presentazi­one domenica alle 11.30 al Salone — per evitare le maglie della censura. Di copia in copia ovviamente si corrompeva­no, ma erano note».

Per Porta, impiegato per le casse dell’impero, prima francese e poi austriaco, non era un bene esporsi troppo e l’effetto esplosivo di certe sue poesie critiche contro gli abusi dei potenti è stato postumo, come con l’edizione del 1826 del ticinese Vanelli che causò l’intervento della Polizia austriaca e svizzera. In mostra ve ne sono diversi esemplari, grazie a cui si conobbero anche tante poesie inedite dell’autore: «A dare veramente luce a Porta — racconta infine Cadioli — è stata l’edizione illustrata del 1842 per Guglielmin­i e Redaelli voluta da Alessandro Manzoni, che l’aveva ben conosciuto, e che esponiamo insieme alla Quarantana de “I promessi sposi”. Manzoni ha seguito insieme l’edizione del suo romanzo e quella delle poesie, ne è una prova lo stesso impianto grafico e l’utilizzo degli stessi illustrato­ri».

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Un ritratto di Carlo Porta (1775-1821). Il grande poeta milanese è al centro di una mostra al Salone della Cultura in occasione dell’uscita del catalogo monografic­o
Ironico Un ritratto di Carlo Porta (1775-1821). Il grande poeta milanese è al centro di una mostra al Salone della Cultura in occasione dell’uscita del catalogo monografic­o
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In alto, il frontespiz­io di «Brindes» (1810); sotto copertina del disco per le letture di Franco Parenti; in basso, illustrazi­one per la versione milanese dell’«Inferno»
Raffinato e popolare In alto, il frontespiz­io di «Brindes» (1810); sotto copertina del disco per le letture di Franco Parenti; in basso, illustrazi­one per la versione milanese dell’«Inferno»

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