ALLARME ROSSO, ZONA GIALLA
Il governo ha congelato l’istituzione di una nuova zona rossa alle porte della Val Seriana. Di certo una sua utilità l’avrebbe, visto che l’ordinanza è stata caldeggiata dalla Regione e invocata dal Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. C’è da chiedersi — alla luce del contagio ormai debordato — quanto più efficace sarebbe stata se adottata settimana scorsa, quando già i numeri dei positivi l’avrebbero giustificata. Nel momento in cui Codogno è diventata zona rossa, si registravano 54 positivi in tutta la Lombardia. Oggi siamo a 60 solo a Nembro, più 27 ad Alzano, epicentro del focolaio amplificato dai casi di coronavirus registrati all’ospedale Fenaroli (vicenda fotocopia di Codogno). Ma quando per la prima volta si è ventilata l’ipotesi di zona rossa nella Bassa Val Seriana, a metà di settimana scorsa, si era già entrati in quella fase di legittimo, ma forse un po’ prematuro, desiderio di rinascita. L’impressione è che la ventata di ottimismo – sulla scia della quale è stata revocata l’ordinanza di chiusura dei locali dopo le 18 – abbia indotto, seppur inconsciamente, a ponderare quella scelta più col filtro della politica che con quello della razionalità scientifica. E ora che i buoi sono scappati, qualcuno si chiede che senso avrebbe blindare una realtà economica (pensiamo ad aziende come Persico, Polini motori, Pigna) a fronte di un contagio che ha già varcato i confini della mancata zona rossa. A meno che le ragioni sanitarie, vera bussola in questa situazione tanto delicata, non impongano l’opposto nelle prossime ore.