Il laboratorio delle meraviglie
La Negroni, fondata nel ’58, produceva manufatti destinati all’oreficeria Oggi è un museo d’impresa
Su un maxi schermo alla parete viene proiettato il documentario che mostra com’era in origine l’Attrezzeria Negroni. Uno spazio industriale e artigianale insieme, come ce n’erano molti a Milano. La Negroni creava manufatti in metallo destinati all’oreficeria, dai punzoni agli stampi per le medaglie ma anche targhette dei modelli di Fiat e Iveco che spuntano da una vecchia scatola. L’Attrezzeria, in via Tajani, al confine fra Ortica e Città Studi, a ridosso della ferrovia, fu fondato nel 1958 da Edoardo Negroni, incisore alla Scuola d’Arte al Castello e poi a bottega a imparare il mestiere fino alla creazione del suo laboratorio iper-specializzato. Il doc prosegue con le istantanee in motion che mostrano la ristrutturazione e il nuovo progetto: «L’idea era proiettarlo all’inizio dell’open day e solo alla fine aprire la porta del laboratorio e invitare il pubblico a girare e scoprire», racconta Eliana Negroni. L’open day però, causa coronavirus, è saltato. «Chiusi ancora prima di aver aperto», ironizza lei. E racconta di essersi ribellata: «Il cantiere è stato una lunga corsa ad ostacoli, la presentazione alla città era un passaggio importante che non volevo saltare», dice. Dopo un paio di notti insonni, è arrivata l’ispirazione: visite guidate a micro gruppi, tre, quattro persone al massimo per volta. «E’ un inizio, in una situazione di emergenza si impara a rallegrarsi di ogni piccolo passo in avanti. Stiamo organizzando il calendario dei prossimi giorni, prendiamo le prenotazioni».
Tanti i ricordi di Eliana: «Sono entrata più volte in crisi da bambina quando mi chiedevano il mestiere di papà, dall’attrezzeria non uscivano pezzi finiti, pronti per il mercato ma venivano creati i disegni, le matrici, i cilindri, utilizzati per realizzare particolari in metallo». Tutto fatto a mano, con pantografi e bilanceri, al tornio, al laminatoio. La fine dell’attività coincide con l’arrivo del digitale che rende obsoleti i macchinari.
«Una sfida che non poteva essere raccolta da chi era abituato a un’attività artigianale, basata sull’abilità manuale, la precisione che arriva dall’esperienza», sottolinea. E’ a questo punto che entra in scena Negroni Junior. «Mi occupavo di altro, di marketing, ho mollato tutto e mi ci sono tuffata dentro». La produzione si è aggiornata, la sede spostata nel piacentino, in città sono rimasti magazzino e laboratorio. Che farne?Un bando regionale ha indicato la strada. Oggi l’Attrezzeria Negroni si presenta sotto una duplice veste: Spazio culturale e archivio on line. Un open space con pavimenti in resina e infissi in metallo che mantengono il linguaggio dello spazio industriale, per eventi, presentazioni, mostre, e l’Archivio con gli utensili dell’opificio storico. «Un piccolo museo d’impresa per non disperdere una storia e un know-how, ma l’intenzione è anche renderlo serbatoio dinamico sui mestieri d’arte, oltre che nuova tappa di un circuito fra artigianato, curiosità e storia del Novecento di Milano».
Ristrutturazione 2.0 Ho trasformato l’originaria attrezzeria creata da mio padre, in uno spazio multifunzionale per mostre ed eventi Scegliendo di fare visite per piccoli gruppi non abbiamo fermato la nostra attività