Eternit mai rimosso, sindaco nei guai
Castelli Calepio: indagato per omessa bonifica. La replica: sono attento alla salute
Il sindaco di Castelli Calepio, Giovanni Benini, è indagato con altre tre persone per disastro ambientale colposo, omessa bonifica e rifiuto di atti d’ufficio per il caso dell’azienda edile chiusa dal 2012. Le lastre di eternit del tetto sono volate via, altre bruciate a causa di un incendio l’anno scorso. La replica di Benini: «Sono attento alla salute».
I due capannoni coperti di amianto della Fratus snc sono finiti sotto sequestro. I faldoni, dagli uffici comunali, sono passati nelle mani del sostituto procuratore di Brescia Antonio Bassolino e dei Carabinieri del Nucleo operativo ecologico. E, da ieri, anche il sindaco di Castelli Calepio, Giovanni Benini, è iscritto nel registro degli indagati per disastro ambientale colposo, omessa bonifica e rifiuto di atti d’ufficio. «Sono attento alla salute pubblica — ribatte il primo cittadino —. È una vergogna che ci stia andando di mezzo».
Nella frazione di Quintano, sul confine fra la Bergamasca e il Bresciano, dai tetti dei magazzini dell’azienda che, fino al 2012, commerciava materiale edile, mancano pezzi: lastre di eternit volate via a causa del vento, in parte bruciate nell’incendio della serata del primo agosto dell’anno scorso. Le fibre si sgretolerebbero da anni, secondo le accuse del comitato di cittadini che protesta per la situazione. Qui il primo nodo. Nella nota tecnica richiesta dal Comune, e redatta a gennaio da un’azienda esterna specializzata, si parla di «potenziale futuro rilascio di fibre». «Il tecnico che ha firmato la perizia in una telefonata ha poi ammesso il contrario, il disastro ambientale c’è già», dice Achille Pagliuca, commercialista e membro del comitato, che conta una quarantina di cittadini residenti nella zona.
Le prime notifiche dalla procura di Brescia sono arrivate la scorsa settimana: oltre al sindaco gli indagati sono Luigi e Patrizia Fratus, padre e figlia, ai vertici dell’impresa, e a Lucia Andriola, responsabile dell’ufficio tecnico a Castelli Calepio che, temporeggiando, avrebbe ritardato gli interventi di messa in sicurezza. «Il lavoro si sarebbe fatto entro poche settimane — commenta il sindaco Benini —. Stavo aspettando il parere del giudice, lo stabile è privato ed è in liquidazione, se intervenissimo senza permessi si creerebbe un danno erariale». L’idea del Comune sarebbe, poi, d’inserirsi nella liquidazione per ottenere la refusione delle spese: «Bisogna capire chi rimborsa. Non sono passaggi semplici» continua.
La questione si trascina da anni: la prima ordinanza comunale, con cui si scandiva l’obbligo per la Fratus di provvedere alla rimozione dell’amianto, risale al 2013. La seconda, del 4 settembre scorso, è a firma dell’attuale sindaco. Nulla di fatto dalla proprietà, per questo dovrebbe provvedere il Comune.
Dell’amianto sui tetti della Fratus si è parlato nell’ultimo consiglio comunale. «I punti relativi sono stati secretati con votazione della maggioranza — spiega Monica Novali, la consigliera leghista in opposizione —. Abbiamo posto domande specifiche al tecnico che ha svolto l’indagine. Non so per quale motivo, ma non c’è la volontà politica d’intervenire». Secondo la consigliera, non mancherebbero le risorse finanziarie: «Nel fondo di riserva ci sono circa 82 mila euro, basta una variazione di giunta, poi il Comune si rivarrà su chi deve pagare». Il sindaco è in disaccordo: «Non si sa quanti soldi ci vogliano, non ci sono ancora i preventivi».
«C’è già un caso di tumore alla pleure» conclude Pagliuca, lanciando l’allarme. Dalla terrazza dell’impresa Cis Motta (che confina con la Fratus) indica i pezzi di eternit, non si toglie nemmeno per un’istante la mascherina.