La spoon river dei cinema
La chiusura del San Marco l’ultima di una serie Il viaggio tra le sale scomparse nel tempo
personaggi che al Nuovo entravano alle due e uscivano a mezzanotte, allignando più alle toilette che in sala… Il Nuovo era un locale gigantesco, che ancora oggi sta lì chiuso ad aspettare nuova vita. Ma molte sale erano così.
Due cattedrali erano il Rubini e l’Astra. Il Rubini, all’inizio di via Paleocapa, era un teatro storico riconvertito a cinema di seconda visione. Mi ricordo di averci visto, bambino, «Per un pugno di dollari», seduto sugli scalini con mio padre perché allora era così, mica ci si preoccupava della sicurezza, pur di staccare biglietti. Adesso lì dentro ci sono negozi e un centro congressi. Ancora più difficile riconoscere dov’era l’Astra, localone in stile anni Sessanta in via Sant’ Orsola all’altezza dei portici. La ristrutturazione di dieci anni fa ha fatto scomparire il gigantesco atrio col pavimento di marmo, chiuso in fondo dalle lunghissime vetrate che accoglievano frotte di spettatori. Peraltro, poco lontano, c’era un cinema più piccolo con lo stesso nome della via. Fu ribattezzato Quill negli anni Ottanta, in omaggio alla moda anglofona. Nella parallela via Borfuro c’era il Diana, anche quello a mia memoria un cinema di «seconda» dove però si riuscivano a vedere film d’autore che — come allora capitava — mischiavano arte e sesso. È lì che presi al volo una riedizione di «Ultimo tango a Parigi» prima che la censura lo mandasse al rogo. Sul Sentierone, accanto al Caffè Nazionale, c’era il Centrale, piccolo ma strategico, progettato nientemeno che da Piacentini. Segnò il mio debutto da critico: dopo che «Cineforum» mi aveva commissionato la mia prima recensione, mi vidi tre volte di fila «Ciao Maschio» di Ferreri, per essere ben sicuro di quel che scrivevo… E poi c’erano anche l’Alba, l’Ariston (in via Nastro Azzurro), l’Apollo: tutti con la «A» perché ogni cinema cercava di stare in cima alla lista per accalappiare gli spettatori più impazienti nella lettura dei tamburini sui giornali (così si chiamavano gli annunci dei cinema)… Dell’Ariston è scomparsa ogni traccia, l’Apollo, dopo anni di degrado, è diventato un parcheggio. L’Alba è ancora lì, vuoto e ammuffito. Sono morti tutti, uccisi da tv, multiplex e dai download. Ma almeno si sono risparmiati il coronavirus.
❞ Apollo, Ariston, Alba: si chiamavano tutti con la “A” per stare in cima alla lista dei tamburini sui giornali e acchiappare il maggior numero di spettatori