Le grandi aziende restano in attesa: «Necessaria un’unità di crisi»
I numeri: 376 imprese attive per 3.700 dipendenti Acerbis: serve un’unità di crisi, come per i terremoti E Confindustria spera nel transito merci scortato
C’è incertezza nelle aziende della Val Seriana, ma non si molla di un centimetro, anche se «l’eventuale zona rossa» calcola che in questo lembo di terra ci siano 376 aziende attive con 3.700 dipendenti che cubano 680 milioni di euro di ricavi annui. Aziende da 100 a 800 dipendenti come ha calcolato Confindustria Bergamo, alle prese con qualcosa di inimmaginabile anche solo fino a venti giorni fa, ma che esige chiarezza sul da farsi. Le aziende dicono anche che manca un’unità di crisi univoca e, per ospitare i lavoratori in trasferta, stanno anche pensando di affittare gli alberghi e i b&b della zona.
Dove finisce Alzano e comincia Nembro? E Albino? Non c’è soluzione di continuità tra i vari paesi, percorrendo la direttrice della vecchia superstrada della Val Seriana. Da un lato si intravede la Pigna in pieno rilancio. Poco più avanti svettano i capannoni della Polini Motori, specializzata in kit di potenziamento per cicli e moto, 15 milioni di fatturato nel 2018. Due chilometri più in su si trova il plant della Persico spa, ricavi 158 milioni di euro nel 2018, dove si costruiscono i sogni a vela di Luna Rossa e si continua a lavorare. «Nessun commento perché, al momento, non c’è nulla da commentare», afferma Claudia Persico, figlia di quel Pierino che è l’emblema stesso dell’ingegnosità e della resilienza bergamasca.
C’è incertezza assoluta, ma non si molla di un centimetro, anche se «l’eventuale zona rossa», perché da giorni si parla di eventualità, calcola che in questo lembo di terra bergamasca ci siano 376 aziende attive con 3.700 dipendenti che cubano 680 milioni di euro di ricavi annui. Aziende da 100 a 800 dipendenti come ha calcolato Confindustria Bergamo, alle prese con qualcosa di inimmaginabile anche solo fino a venti giorni fa, ma che esige chiarezza sul da farsi. A cominciare dai transiti. La vecchia statale della Val Seriana è come un’arteria malconcia in un corpo produttivo sano, con il sangue della produzione industriale che circola e si innerva anche con l’altra superstrada, che da Seriate arriva a Cene (sud), passando per Nembro, ma che è fondamentale perché il sistema non si fermi. Ecco perché l’auspicio di Confindustria Bergamo è che se ne tenga conto: chiudendo semmai le uscite di Alzano e Nembro, ma consentendo il transito merci scortato da militari, e comunque il transito per raggiungere gli altri comuni della zona, che altrimenti sarebbero automaticamente isolati, anche senza essere formalmente in zona rossa. Come Albino, per esempio, dove è insediata la Acerbis, che trasforma materiale plastico producendo serbatoi e componenti per moto, con 200 dipendenti e un volume d’affari di 70 milioni l’anno.
Il titolare, Franco Acerbis, non certo il tipo da perdersi d’animo: «Lavoriamo per Germania, Austria, Francia, Spagna, Gran Bretagna, con camion giornalieri e con gli Usa, via container: ci hanno chiesto di spedire tutto, più di quanto già ordinato, per non rischiare di trovarci con dei blocchi. L’abbiamo fatto per ciò che avevamo, ma non per tutto c’erano eccedenze. Se passano più di due settimane o un mese rischiamo penali — conclude Acerbis — se però fanno la zona rossa perdiamo il 10 per cento dei dipendenti». Pragmatico come sempre, Acerbis è andato alla fonte: «Ci siamo arrangiati, ho cercato altri imprenditori a Codogno, per farmi spiegare come fanno ad affrontare la situazione. Manca un’unità di crisi univoca, un po’ come si fa dopo un terremoto, che eviti il sovrapporsi di comuni, province e regioni. Serve un numero da chiamare».
A raccogliere le domande e le paure del tessuto produttivo sono le associazioni territoriali di Confindustria Lombardia, che hanno costituito una task-force per supportare le aziende in questo periodo di difficoltà, che può trasformarsi in un dramma, anche e
La situazione Società che hanno da 100 a 800 dipendenti. La corsa per chiudere le commesse estere
soprattutto logistico. Ecco perché, per ospitare i lavoratori in trasferta, si sta pensando di affittare gli alberghi e i bed&breakfast della zona, se ce ne fosse la possibilità naturalmente. Ma le strutture ricettive non sono comunque moltissime.