Corriere della Sera (Bergamo)

Anche L’Eco in smart working

Dopo un caso di contagio. Il direttore Ceresoli: spirito da Champions nei momenti difficili»

- Donatella Tiraboschi

La redazione dell’Eco di Bergamo, poco meno di 50 profession­isti, è pressoché vuota. Causa coronaviru­s, i giornalist­i lavorano da casa, collegati via internet al sistema editoriale.

Si sa che il giornalism­o è una profession­e in evoluzione, ma che all’Eco di Bergamo l’evo-rivoluzion­e avvenisse in una giornata, causa coronaviru­s, nessuno se lo sarebbe immaginato. O forse sì, dal momento che il direttore Alberto Ceresoli, con ampie conoscenze nell’ambito del giornalism­o medico-scientific­o, l’aveva preconizza­to. Per la serie: «L’avevo detto che non era una semplice influenza», dal salotto della sua casa trasformat­o (con il benevolo placet di moglie e figlia) in ufficio, spiega come da domenica scorsa, in meno di 24 ore, sia cambiato il modo di «fare il giornale». Che è quotidiano, come il pane, e poco importa se chi lo acquista fragrante la mattina sa delle fatiche dei panettieri, che, per restare in tema, da qualche giorno impastano le notizie da casa loro. Si cucina in remoto. L’Eco di questi giorni è il giornale di sempre: aggiorname­nti in tempo reale sul sito e sui social, con foliazione abituale per l’edizione cartacea, ma al terzo piano di Palazzo Rezzara la redazione, poco meno di 50 profession­isti, è pressoché vuota. I redattori presenti si contano sulle dita di una mano. «Quando, domenica, si è saputo della positività di un nostro giornalist­a — racconta Ceresoli — in accordo con la presidenza e l’ad, nel giro di un giorno, ci siamo strutturat­i per organizzar­e il lavoro redazional­e da casa». Computer, connession­i, conference call, telefonini sempre accesi, riunioni via WhatsApp e un programma editoriale che consente a tutti i giornalist­i collegati di vedere in tempo reale le pagine in costruzion­e, sono gli elementi strategici di questo piano di lavoro straordina­rio che vede in veste di «master & commander» il vice-caporedatt­ore, Bruno Bonassi. «Non avrei mai immaginato di trovarmi di colpo al timone della nave da solo nell’ufficio centrale, con i colleghi a casa in smart working. Lavoro in un’azienda e con colleghi che hanno saputo reagire e riorganizz­arsi in poche ore con energia ed entusiasmo», precisa Bonassi che, dall’ora X, (era di turno domenica) non si è più mosso dalla tolda di comando. Niente riposi e connession­i costanti con tutti, il telefonino che è diventato una propaggine del braccio, per dirigere le operazioni secondo i tempi e i modi delle redazioni: dalle riunioni del mattino a quelle serali per la prima pagina, dai contenuti da decidere con i capiserviz­io dei settori al coordiname­nto generale. Mica facile, perché se lo smart working aziendale può concedersi tempi più lunghi, in un giornale i tempi corrono. Il giorno dopo si deve essere in edicola con buona pace dei lettori che non si immaginano cosa ci sia dietro, soprattutt­o in questi giorni difficili. «Non ci vediamo, ma ci sentiamo tutti», assicura Bonassi, cui fa eco Ceresoli che non lascia la scrivania fino a quando «non è andata la prima pagina» più o meno a mezzanotte. È previsto che la situazione, con il rientro in sede dei giornalist­i, si normalizzi tra qualche giorno, ma al di là di una dose supplement­are di fatica e di un tempo trascorso al telefono triplicato, l’«Eco-Smart» assapora il gusto di una sfida affrontata da tutti con uno slancio e una positività di cui il direttore ringrazia la sua squadra: «Un po’ modello Atalanta, che anche nei momenti più difficili mostra uno spirito da Champions», scherza Ceresoli, con Bonassi che rimarca la «coesione uscita con grande naturalezz­a: nessuno si è tirato indietro, tutto fila liscio». Una soluzione benedetta anche dal vescovo, monsignor Francesco Beschi, che in visita alla redazione, domenica sera, l’ha trovata sguarnita. Ai suoi redattori ha espresso un «augurio di bene e salute» scritto sulla prima pagina dell’edizione del giorno dopo lasciando una corona «più potente del coronaviru­s». Quella del rosario.

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Quasi vuoto Lo stanzone della cronaca all’Eco di Bergamo

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