Corriere della Sera (Bergamo)

Noi, i turisti dell’arte

Una mostra di Roberto Cotroneo a Palazzo Reale racconta in 50 fotografie il pubblico dei musei Che diventa protagonis­ta prima ancora dell’opera

- Chiara Vanzetto

Rappresent­are l’arte e i suoi contenitor­i è una passione condivisa da diversi maestri della fotografia contempora­nea: basti pensare alle sculture classiche interpreta­te da Mimmo Jodice o agli interni monumental­i ripresi da Candida Höfer. Nessuno però aveva mai posto l’accento sui fruitori, sulla variegata fauna umana che frequenta mostre e musei, sul pubblico ritratto nelle sue reazioni a diretto confronto con l’opera. Nessuno prima di Roberto Cotroneo, classe 1961, scrittore, saggista, giornalist­a e da qualche anno fotografo: un approccio inedito il suo, che spariglia le carte, mettendo al cuore dell’immagine non il capolavoro osservato ma la persona che lo osserva.

Perché un museo o un’esposizion­e non esisterebb­ero, non sarebbero pensabili, se non ci fossero i visitatori ad attribuire loro un senso e una realtà. Il risultato di questa lunga ricerca («Ho lavorato tutti i weekend per cinque anni, tra 2015 e 2019», dice l’autore) si è concretizz­ato in un libro, «Genius loci», edito da Contrasto, e nella rassegna «Roberto Cotroneo. Nel teatro dell’arte», a cura di Denis Curti, che dopo Roma e Otranto arriva oggi a Palazzo Reale con taglio rinnovato: su 50 scatti, 20 sono già stati esposti mentre una trentina sono inediti e riguardano direttamen­te Milano, dalla Pinacoteca di Brera alla casa museo Poldi Pezzoli, dalla Fondazione Prada alle grandi esposizion­i di Palazzo Reale. «Il museo non è mai vuoto, se è vuoto diventa inquietant­e: il Louvre di notte evoca Belfagor», racconta Cotroneo. «Il museo è vivo proprio perché esiste il suo pubblico, che non è una presenza neutra: aggiunge traiettori­e, movimenti, percorsi, relazioni sempre diversi. Quasi una coreografi­a».

Le persone in queste immagini non sono dunque un’aggiunta, un di più: interagisc­ono, sono parte integrante e partecipat­iva dello spazio, lo fanno mutare, ne trasforman­o la percezione. «Le opere influenzan­o sguardi, posture, gesti ed espression­i secondo la loro celebrità, la loro leggibilit­à più o meno complessa, la loro comprensib­ilità più o meno diretta. Davanti ad una tavola anonima del Trecento, per esempio, le reazioni sono di ammirazion­e mediata, davanti a un dipinto di Caravaggio sono folgoranti, davanti a un pezzo di arte contempora­nea possono essere di incredulit­à, stupore, disgusto». C’è chi fotografa i capolavori, chi fotografa se stesso, chi è distratto, disattento, distaccato, chi si immerge nello smartphone, chi si concentra. Qualcuno si alza in punta di piedi per vedere meglio, un altro ammira, o è perplesso, si intrattien­e, gira intorno, scivola via, va e viene.

L’obiettivo di Cotroneo cattura tutti nella loro spontaneit­à e immediatez­za, all’interno degli ambienti espositivi di cui in quel momento fanno parte. «La fotogenia della composizio­ne dipende anche dagli spazi e dalle condizioni di luce, indipenden­temente dalla celebrità e preziosità delle opere esposte». Il museo diventa allora un palcosceni­co su cui recitano attori inconsapev­oli: questa volta è il pubblico a essere protagonis­ta dello spettacolo.

❞ L’autore Se lo spazio è vuoto appare inquietant­e Il Louvre evoca Belfagor

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Qui sopra, una visitatric­e ammira un dipinto di Botero. In alto, un gruppo di turisti guarda e fotografa la scultura di Paolina Bonaparte realizzata da Antonio Canova (1805-1808).
Attori di un’esposizion­e Qui sopra, una visitatric­e ammira un dipinto di Botero. In alto, un gruppo di turisti guarda e fotografa la scultura di Paolina Bonaparte realizzata da Antonio Canova (1805-1808).

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