La mobilitazione pacifica delle mogli dei detenuti
Le compagne: c’è tensione e preoccupazione per don Resmini, saremo lì con mascherine e a distanza
Modena, Pavia, Milano, Foggia, Roma, Napoli. La sospensione dei colloqui con i familiari, per l’emergenza coronavirus, ha scatenato la rivolta in molte carceri. Morti, feriti, evasi, incendi e scontri.
Proteste anche a Bergamo, rimaste entro i confini di urla e cori. Intanto, le compagne e le mogli dei detenuti si stanno organizzando via chat, per una mobilitazione pacifica in via Gleno. «Vorremmo far vedere ai nostri familiari dentro che non sono soli e chiedere che abbiano almeno qualcosa per disinfettare le celle — parlano due promotrici del tam-tam —. Ma senza fare caos o urlare. Indossando le mascherine e mantenendo tra noi un metro di distanza». S0nia (nome di fantasia) ha un bimbo di pochi mesi e il compagno in carcere da dieci per un cumulo pene di tre anni, per furti e rapine.
Dentro, dice, la tensione c’è. Uno dei pensieri è per don Fausto Resmini, il cappellano di via Gleno ricoverato in Terapia intensiva, positivo al coronavirus. Per lui ma anche per gli altri. «La prima cosa che mio marito mi ha detto al telefono stamattina (ieri ndr) è di informarmi perché gira voce che don Fausto stia male. Dentro, gli vogliono tutti bene. Si figuri, a gennaio ha battezzato nostro figlio». Il 14 marzo, il compagno dovrebbe avere l’udienza per la semilibertà «ma non sappiamo se si terrà. Chi è dentro è perché ha sbagliato, questo è chiaro. Ma almeno a chi è a fine pena potrebbe essere concesso di scontarla in detenzione domiciliare. Al mio compagno ho detto di stare calmo. Lui lo è, non ha mai dato problemi, ma senza il supporto dello psicologo che non entra più altri potrebbero non reggere». Marina ha il marito in carcere per spaccio da aprile. Finirà di scontare la pena a dicembre. Ha quattro figli e, con la madre in un’altra regione, per via delle restrizioni deve cavarsela da sola. «Mio marito era preoccupato perché don Fausto sta male. È giusto che i nostri compagni paghino, ma non in queste condizioni. Sospendono i colloqui ma chi può escludere che una guardia, senza esserne consapevole, abbia il virus? Qualche giorno fa quattro detenuti con i sintomi sono stati isolati. Mio marito ha detto che non sono più tornati. Non vogliamo che succeda quello che è accaduto altrove. Per questo motivo abbiamo creato una chat tra noi compagne, per far arrivare un messaggio a chi è dentro». Cercata più volte, non è stato possibile parlare con la direttrice del carcere.