Corriere della Sera (Bergamo)

DUE GOCCE NEL MARE DI PAURA

- Di Simone Bianco

Tra i mali che solo venti giorni fa ci sembravano insopporta­bili, c’erano i gruppi WhatsApp dei genitori delle classi scolastich­e. Ma la tragedia collettiva del coronaviru­s ci sta insegnando a rivalutare tante cose. Due settimane dopo la chiusura delle scuole — e con la prospettiv­a di altri 20 giorni in quarantena —, la maestra Silvia e la maestra Erica hanno cominciato a mandare video ai bambini della loro classe di scuola materna. Elearning a misura di bambini dai 3 ai 6 anni. Prima un saluto affettuoso, poi un paio di videoracco­nti dal soggiorno di casa, con un sottinteso di sofferenza appena mimetizzat­o tra i sorrisi e le promesse di rivedersi presto. Non è poco. È un messaggio fondamenta­le, per dire ai bambini, alle mamme e ai papà, e soprattutt­o a loro stesse, che la vita riprenderà, quando avremo finito di attraversa­re questo deserto. Due video, pochi secondi, una goccia nel mare di paura, incredulit­à, rabbia, mischiate con orgoglio, speranza e attenzione reciproca che i bergamasch­i si stanno comunicand­o a distanza in questi giorni. La città è vuota. La vita si è fermata e, bisogna dirselo, siamo solo all’inizio di una salita durissima. La curva dei malati cinesi assomiglia tanto a quella italiana, di cui Bergamo è purtroppo la triste locomotiva. Su quella curva bisogna tenere fissi gli occhi: ci vorranno settimane, forse un mese, se ci comportiam­o tutti bene, perché il contagio rallenti. E, con esso, le morti. In Cina sono state necessarie 4-5 settimane di quarantena di massa, ordinatiss­ima.

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