Corriere della Sera (Bergamo)

«Sto bene, sto bene». Ma cinque ore dopo, il decesso

Giovanni Beretta, di Ranica, aveva iniziato con poca febbre. Il nipote: straziante non averlo più visto

- Giuliana Ubbiali gubbiali@corriere.it

«Sto bene, sto bene». In dialetto e con il tono deciso nonostante la mascherina dell’ossigeno, Giovanni Beretta, 78 anni, aveva rassicurat­o il fratello Giacomo. Erano le 19 di sabato, si erano sentiti alla stessa ora anche venerdì e giovedì. Giacomo a Pedrengo, a casa con moglie e figlio, e Giovanni, di Ranica, in ospedale a Brescia da giovedì per una febbriciat­tola e un po’ di tosse.

Cinque ore e mezza dopo è morto. Alla famiglia, i medici hanno detto per un arresto cardiocirc­olatorio. Comunque, è risultato positivo al coronaviru­s e ora il fratello e la famiglia sono in quarantena. È il male minore. Il peggiore, oltre alla perdita, è non aver più potuto vedere il loro caro nè da vivo nè da morto.

Cristiano Beretta, 47 anni, è figlio di Giovanni, e non riesce a farsi uscire dalla mente due orari. Mezzanotte e 34 minuti, quando lo zio è mornavirus». to, e le due tra sabato e domenica quando l’ha saputo. «Mia sorella è arrivata da Ghedi e ha chiamato al cellulare. “Scendete, scendete”, ha detto a me e mio padre. Era con il suo datore di lavoro, indossavan­o la mascherina, ci ha detto di non avvicinarc­i. “Lo zio ha raggiunto il nonno Pierino e la nonna Mora, per un infarto”, ci ha comunicato, oltre al fatto della positività al coroSe Giovanni Beretta sia morto per o con il male del momento è una questione prettament­e medica. Di certo, il virus ha impedito ai suoi familiari di piangerlo, vedendolo per un’ultima volta.

Mentre ne parla, Cristiano Beretta alterna una mezza risata, ricordando­lo, a frasi con il nodo in gola. Nemmeno lui sembra aver realizzato. «La sera prima ti rassicura “sto be, sto be” e di notte ti dicono che è morto. È stato tutto così veloce e inaspettat­o. È sconvolgen­te, anche perché non siamo più riusciti a vederlo neppure da morto per l’ultima volta, perché siamo in quarantena».

Una vita da capo reparto in una ditta meccanica, Giovanni Beretta non si era mai sposato. Soprattutt­o, tiene a dire il nipote perché è una tradizione di famiglia, «era un alpino vero». Viveva solo, ma stare in compagnia gli piaceva. Il fratello andava tutti i giorni a trovarlo e la domenica si pranzava tutti insieme, a Ranica. Mercoledì 4 marzo non era il solito. «Era sdraiato sul divano con un po’ di febbre, 37.2-37.7. Il giorno dopo mio padre l’ha portato alla Fondazione poliambula­nza di Brescia, perché ad Alzano non si poteva e mia sorella abita a Ghedi — ricostruis­ce il nipote — . Domenica, la notizia. Con questo virus entri e non sai se esci. Mio padre ha avuto un po’ di febbre, ma ora non ce l’ha. È forte, un alpino anche lui». Non un ultimo abbraccio, non una salma da piangere, non un rito. «Oggi (ieri

ndr) hanno cremato lo zio, ma non si possono celebrare i funerali. Finito tutto, andremo a prendere l’urna».

❞ Mio padre lo aveva sentito alle 19 di sabato e lo zio lo aveva rassicurat­o. Alle 2 di notte è arrivata mia sorella dicendo che non c’era più Cristiano Beretta Nipote

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Alpino Giovanni Beretta viveva a Ranica, aveva 78 anni

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