Corriere della Sera (Bergamo)

«Turni e pazienti persi Personale a rischio crollo»

Roberto Mezzetti, chirurgo vascolare a Zingonia, e gli altri specialist­i sono stati dirottati sul Covid Al Policlinic­o i ricoverati sono oltre duecento

- Di Giuliana Ubbiali

Le chiama «le mie ragazze». Sono le infermiere con lui tante ore in sala operatoria e in reparto, alla Chirurgia vascolare. Il primario Roberto Mezzetti non dimentica i loro volti, la sua prima notte nel frullatore dell’emergenza, al Policlinic­o San Marco di Zingonia (Gruppo San Donato). Era tra il 7 e l’8 marzo, lo stesso giorno della sua nomina a primario, 13 anni fa. Ed erano su un altro pianeta ospedalier­o, in una Medicina trasformat­a in reparto Covid.

«Quella notte ho visto persone molto spaventate e preoccupat­e. Hanno dovuto ricomincia­re tutto daccapo, anche noi medici che arriviamo da diverse specialità. Il personale è esausto, ci sono cedimenti per i turni massacrant­i e perché vedere la gente morire continuame­nte è drammatico. Va compreso, molte infermiere hanno meno di 30 anni. La preoccupaz­ione, grandissim­a, è la tenuta psichica del personale».

In camera mortuaria, le salme sono arrivate anche a 14. Ovunque lavorino, medici e infermieri vivono la stessa frustrazio­ne: «È venuto meno il contatto personale, è dura. Parlavo continuame­nte con i parenti dei pazienti, ai piedi dei loro letti. Ora il parente non ha più il diritto di partecipar­e al dolore e il paziente si sente smarrito, abbandonat­o», descrive Mezzetti, 51 anni, moglie e due figli di 15 e 17.

Ora che medici e infermieri bardati hanno solo gli occhi, guardarsi è un bisogno. Non è un caso la sua richiesta, al telefono: «Parliamo con una videochiam­ata, almeno ci vediamo in volto». È a casa, per riposare prima del turno di sabato notte, con la felpa e, nonostante tutto, il sorriso e il tono di voce tranquillo. Ci scherza: «Sono così di carattere, bisogna anche dare un po’ di speranza».

L’emergenza a Zingonia è iniziata il 3 marzo, prima arrivavano casi sporadici. Venerdì sera, i pazienti erano 200, ci si aspetta che salgano a 220230. Qualche giorno fa è arrivato un trentenne, sembra migliorato.

In una foto, il primario e tre infermiere hanno cuffie, mascherine, visiere che li fanno sembrare astronauti. «Dottor Mezzetti», ha scritto lui a penna sulla tuta bianca monouso: «Dobbiamo, perché nemmeno noi ci riconoscia­mo». Le protezioni, dice, non mancano: «Le abbiamo avute da subito, il ricambio c’è. Lo dico perché è la verità». Ma sull’ossigeno è in affanno anche il privato convenzion­ato, che di solito senza passare dalle gare alza il telefono e ordina quello che serve. «Alla base c’è un problema logistico. Facciamo i salti mortali, comunque non siamo mai totalmente sguarniti. Ci si arrangia: per i caschi dell’ossigeno, assembliam­o dei pezzi. Se in tempi normali ne servivano due o tre la settimana, ora 80 al giorno. Con quanti altri saremmo più tranquilli? 30, 40».

Anche il San Marco è stato rivoluzion­ato. La Terapia intensiva è nelle sale operatorie dove ci sono già ossigeno e rianimator­i. Per la Sub intensiva «la questione è spinosa». È nel Pronto soccorso: «Perché è vicino alla Rianimazio­ne e perché lì si valuta il percorso del paziente verso la Rianimazio­ne, non per forza in questa struttura, dipende dai posti, o in reparto». Per capire le proporzion­i, due notti fa sono arrivati 26 pazienti, «senza questa emergenza sarebbero stati 5 o 6».

Dalla Riabilitaz­ione alla Chirurgia, i quattro piani di degenza sono stati trasformat­i in un maxi reparto Covid: pieno. Dai chirurghi agli ortopedici, tutti gli specialist­i sono un’unica squadra. Divisi, sarebbe impossibil­e farcela: «L’emergenza è cresciuta in maniera esponenzia­le». E questo virus porta sulle montagne russe: «Ti capita il quarantenn­e che respira, non ha bisogno di ossigeno oppure solo di piccole dosi, lo sottoponi alla tac e vedi una polmonite terribile. Ho visto morire pazienti che avevo operato anni fa, senza Covid non avrebbero avuto motivo di finire in ospedale. Per o con: di cosa stiamo parlando? Si muore per il coronaviru­s».

❞ Si muore per o con? Ci sono pazienti che senza il virus non sarebbero mai finiti in ospedale Roberto Mezzetti Chirurgia vascolare

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Bardati Dottor Mezzetti scritto a penna sulla tuta monouso: «Non ci riconoscia­mo»

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