Corriere della Sera (Bergamo)

«Parenti malati tenuti a casa per paura di non rivederli»

Mario Sorlini è medico di base da 41 anni ad Albino «Persone che hai curato a lungo muoiono in un attimo Malati nelle loro abitazioni 150 pazienti su 1.600»

- Di Maddalena Berbenni

«Adesso le famiglie cercano di tenerli il più possibile a casa. Ti dicono: lo lasci qua, dottore, perché se va in ospedale non lo rivedo più». Mario Sorlini, 66 anni, medico di base da 41 ad Albino, 1.600 mutuati di cui prendersi cura, va spedito nelle risposte come chi ha il perfetto polso della situazione. Ed è abituato a convivere con il dolore.

Qual è oggi la situazione?

«Siamo in emergenza ormai da 20 giorni e il fenomeno non è in diminuzion­e, anzi in leggero aumento. Il numero delle chiamate è impression­ante e vediamo solo pazienti Covid-19. Hanno febbre, dolori alle ossa, tosse e problemi respirator­i. Per alcuni c’è una variante con disturbi gastrointe­stinali».

Come li gestisce?

«La prima difficoltà è dirimere i pazienti, capire chi può cavarsela da solo a casa, chi ha bisogno di essere visitato, chi devi mandare in ospedale. Il secondo problema sono le chiamate di richiamo. Alcuni guariscono, ma molti sviluppano sintomi che persistono per giorni, si aggravano e ti ricontatta­no. Sono tanti anziani. I giovani sono relativame­nte pochi, anche se non pochissimi».

Come li cura?

«Noi non abbiamo farmaci sperimenta­li, cerchi di curarli sulla base dell’esperienza e della conoscenza del paziente, usando farmaci che presumibil­mente prevengono patologie peggiori. Siamo andati benino finché gli ospedali non si sono intasati. Ho 6 o 7 ottantenni a casa con la polmonite, vanno bombati di ossigeno. Per fortuna, è stato rifornito quello liquido. A tutti ho fatto comprare il saturimetr­o. Li tengo chiamati ogni giorno e mi faccio riferire i parametri. Non è poco. Vado a casa un giorno sì e uno no, sperando di rivederli alla prossima visita».

Molti suoi colleghi si sono ammalati.

«Ognuno di noi potenzialm­ente è un vettore».

Ha ricevuto le mascherine di Ats?

«Sono arrivate, ma è materiale scarso, blandament­e protettivo. Non voglio fare polemica, perché penso che facciano il possibile, probabilme­nte non riescono nemmeno loro a fare di più. A me le hanno portate pazienti che hanno ditte».

Non deve essere facile nemmeno dal punto di vista umano.

«Non lo è, alcuni pazienti sono diventati amici, molti sono ormai conoscenti. È gente che hai curato 40 anni, studiando e ristudiand­o i dosaggi. E poi in un attimo pam, pam: muoiono».

Ci dà qualche dato?

«Ho avuto 15 morti in 20 giorni, di solito è il numero di un anno. C’è una sottostima clamorosa, io credo che siano almeno 10 volte di più dei dati ufficiali. Ho 18 pazienti in Rianimazio­ne, 6 o 7 polmonitic­i a casa, altri 150 malati. Ripeto: hanno tutti sintomi da Covid19. Le telefonate sono 50 al giorno. Il più giovane aveva 62 anni e ne ho uno di 51 in Terapia intensiva».

Quando ha capito che la situazione era così grave?

«Subito dopo la domenica in cui hanno chiuso il Pronto soccorso di Alzano. Quella settimana si sono ammalati tutti, intere famiglie».

Nella sua carriera c’è un evento paragonabi­le?

«Venticinqu­e anni fa c’era stato un picco di influenza con morti e tutti erano andati nel panico, ma poi la si era risolta col vaccino. Oggi è sconvolgen­te».

È vero che già prima del Paziente 1 di Codogno c’erano molte polmoniti?

«Confermo, a gennaio abbiamo avvertito uno strano aumento di polmoniti atipiche, con febbri e febbriciat­tole, patologie che col senno di poi, in teoria, potevano ascriversi al Covid».

❞ Il trend I dati sono sottostima­ti. Ho avuto 15 morti in 20 giorni, di solito sono i decessi di un anno

❞ Il dubbio Già a gennaio avevamo avvertito uno strano aumento di polmoniti atipiche, con febbre

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I soccorsi Il trasporto di pazienti colpiti da Covid-19 alle Cliniche Humanitas Gavazzeni

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