IL TEMPO INDEFINITO PER RIALZARCI
Davvero opportuna la pagina dedicata ieri dal Corriere a ricapitolare questo mese di emergenza per il coronavirus. Una delle vittime virtuali di questi trenta giorni, infatti, è stato il senso del tempo. Tutto è accaduto così in fretta e con tale sorpresa che era necessario rimettere in ordine gli eventi. I primi contagi, la prima risposta politicamente corretta, la voglia di non fermarsi, le contraddizioni delle istituzioni dibattute tra il pugno di ferro e il timore di scatenare il panico; e poi la conta dei contagiati e dei morti, sempre di più, fino ai cortei funebri dei camion militari. Le date rimettono a posto la sceneggiatura del tragico film che ha per protagonista un’intera comunità. E mettono a fuoco alcune scene chiave: tipo l’assalto alle piste di sci di sabato 7 marzo. Un comportamento irresponsabile, certo, ma terribilmente umano.
Quella è stata la soglia su cui si è consumata l’ultima illusione che fossimo ancora padroni del nostro destino. Poi è cominciata la resistenza, che ancora prosegue e deve proseguire fino alla sconfitta dell’epidemia. Ma si apre anche un tempo indefinito, ben più lungo di quello che abbiamo vissuto: un tempo che non offre nessuna certezza. Non mollare, ovvio. Ma sarà meglio attrezzarsi per una non breve traversata nel deserto in cui serviranno pazienza, saggezza, cura e attenzione. La storia ci insegna che le guerre prima o poi hanno fine, ma certi dopoguerra non finiscono mai.