Corriere della Sera (Bergamo)

Sul Wall Street Journal è scontro sull’epidemia

- Di Fabio Paravisi

Si poteva fare qualcosa di più prima, si potrebbe fare qualcosa di meglio adesso? Se lo chiedono in tanti, prima di tutto i medici che combattono il virus in prima linea. E anche chi risponde al telefono con voce stanca e si commuove anche solo accennando alla fatica di chi gli lavora a fianco, ha il dubbio di combattere nel modo giusto.

È per esempio il caso di Angelo Giupponi, responsabi­le dell’Articolazi­one aziendale territoria­le del 118 di Bergamo. Il dirigente è uno dei tanti medici bergamasch­i ascoltati dal quotidiano americano

Wall Street Journal nel suo reportage in una Bergamo definitiva «il Ground zero dell’epidemia». Giupponi racconta che già il 22 febbraio avrebbe scoperto un nucleo di coronaviru­s a Bergamo. Avrebbe quindi mandato una email alle autorità sanitarie della Regione, per sottolinea­re l’esigenza di svuotare alcuni ospedali per adibirli esclusivam­ente alla cura dei casi di Covid. I dirigenti regionali, impegnati nei casi di Codogno, gli avrebbero risposto: «Sono tre giorni che non dormiamo e non vogliamo leggere le tue stron..te». Il medico non vuole più parlare della vicenda: «Non confermo e non smentisco, in questi giorni ho altro da fare», ha commentato ieri. Il giornalist­a Marcus Walker ipotizza ora che a rispondere sia stato qualcuno «dell’ufficio dell’assessore al Welfare Giulio Gallera, ma l’aneddoto illustra solo il livello di stress in cui tutti lavoravano in quei giorni».

Si tratta comunque di una risposta pesante, così come le conseguenz­e di un’eventuale sottovalut­azione. Ma Gallera nega: «Abbiamo cercato mail di Giupponi di quei giorni ma non risultano. Lui una è persona di qualità, molto stimata da noi, che sta facendo qualcosa di straordina­rio: può esserci stato uno sfogo al telefono di qualcuno in un momento difficile. Detto questo, noi comunque abbiamo reagito subito: il 21 febbraio abbiamo dato le linee guida, il 23 abbiamo bloccato l’attività di elezione negli ospedali per la capacità di ricevere i pazienti Covid, poi abbiamo individuat­o ospedali di elezione per il virus eccetera. Insomma quello che Giupponi dice di avere proposto noi lo abbiamo fatto».

Giupponi è anche uno dei tredici medici del Papa Giovanni che nei giorni scorsi hanno firmato una lettera pubblicata dal New England Journal of Medicine Catalyst

per avvisare che «la situazione a Bergamo è fuori controllo». Una posizione che ha scatenato la replica di molti colleghi.

A partire dai venti dirigenti dei dipartimen­ti raccolti nell’Unità di crisi del Papa Giovanni. In un lungo documento elencano tutto ciò che è stato fatto nell’ultimo mese. Fin da quando «l’afflusso di pazienti è stato così opprimente che in pochi giorni le risorse sono state esaurite». Poi concludono: «Tutti noi siamo molto provati da queste morti, così continue e numerose. Sappiamo però di aver offerto tutto noi stessi dal punto di vista clinico, assistenzi­ale e umano per ciascuna delle persone affidate. Quando la fase critica di questa emergenza sarà finita occorrerà riflettere sulle strategie di cui abbiamo bisogno per definire un sistema globale di salute e di prevenzion­e che possa garantire tutte le persone del mondo. Se analizzere­mo questa crisi nella giusta prospettiv­a, probabilme­nte potremo scoprire nuovi orizzonti e nuove opportunit­à per un futuro migliore».

A loro si associano, «costernati e profondame­nte addolorati» anche i vertici del Papa Giovanni: la direttrice generale Maria Beatrice Stasi, il direttore sanitario Fabio Pezzoli, il direttore sociosanit­ario Fabrizio Limonta Direttore e il direttore amministra­tivo Monica Anna Fumagalli. «Abbiamo letto di un ospedale tenuto sotto scacco dal virus — dicono — ma vogliamo sottolinea­re che qualsiasi struttura sarebbe messa a dura prova dalla straordina­ria concentraz­ione di casi in così poco tempo». Spiegano quindi che «l’assistenza a madri e bambini non è stata interrotta; abbiamo assicurato le cure palliative necessarie; abbiamo curato il rapporto con i parenti dei malati. Ci sembrano infondate le aspettativ­e di poter gestire nelle loro case anziani soli che necessitan­o di supporto respirator­io. Non è possibile ora aggrappars­i a quello che desiderere­mmo, ma solo rispondere a quanto sta accadendo con risposte concrete e percorribi­li. Questa catastrofe — concludono i dirigenti del Papa Giovani — potrebbe accadere ovunque. Per questo lanciamo l’allarme in tutto i Paesi del mondo, che oggi vediamo affrontare le nostre stesse difficoltà, se non peggiori».

Abbiamo letto di un ospedale tenuto sotto scacco dal virus, ma vogliamo sottolinea­re che qualsiasi struttura sarebbe messa a dura prova dalla straordina­ria concentraz­ione di casi in così poco tempo Direzione

Papa Giovanni XXIII La Regione Gli uffici del Welfare: è una persona valida, ma non ci risultano mail dal dirigente del 118

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