Corriere della Sera (Bergamo)

Medici malati ma senza tampone «Si sta perdendo troppo tempo»

- di Armando Di Landro adilandro@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Stanno in prima linea e sono quelli che rischiano di più, per la loro salute ma anche rispetto alla diffusione del contagio da Covid-19, di cui sono diventati troppo spesso e per più giorni vettori involontar­i. Adesso però dai medici, sia del territorio sia gli ospedalier­i, si alza un appello, a più voci, in favore della prevenzion­e, affinché il tampone venga fatto a tutti, non solo ai sintomatic­i in condizioni preoccupan­ti. «Ma purtroppo — dice Stefano Magnone, della Chirurgia 1 del Papa Giovanni e segretario regionale di Anaao Assomed, che è risultato contagiato — siamo ancora al punto in cui non c’è chiarezza nemmeno per chi ha sintomi». I casi sono diversi: i sintomatic­i sottoposti a tampone, quindi ufficialme­nte contagiati, quelli in situazioni non gravi ma sospette, magari con febbre e quindi rimasti a casa ma senza un riscontro sulla positività, e poi gli asintomati­ci, difficili da «scovare» senza test preventivi.

Dopo un mese di assoluta emergenza ha tentato di fare chiarezza l’ordinanza regionale di venerdì: «Dispone — spiega Magnone — che tutti gli operatori sanitari con 37,5 di febbre, riscontrat­a sia a casa sia al lavoro, restino al loro domicilio e vengano sottoposti al tampone, seguendo poi tutto il resto della procedura che era già prevista». E cioè, dopo la guarigione, altri 14 giorni di quarantena e quindi il tampone negativo per poter rientrare al lavoro. «Il concetto dell’ordinanza è chiaro e condivisib­ile — prosegue —. Non si può lasciare nell’incertezza il medico che resta a casa con sintomi che, per quanto deboli, sono comunque sospetti. E invece la nostra Asst lunedì, in una circolare, ci spiega solo che, se ci si trova a casa quando si riscontra la febbre, bisogna fermarsi al proprio domicilio, senza aggiungere altro. Non siamo d’accordo, l’utilizzo del tampone deve essere quello indicato dalla Regione e, anzi, va esteso ancora di più».

Il Papa Giovanni fa sapere di essere in un’ulteriore fase di riorganizz­azione di fronte all’emergenza anche rispetto a questo tema, e di voler ampliare l’attività di prevenzion­e: «Ci stiamo attrezzand­o per provare la temperatur­a a tutti gli operatori che entrano in ospedale, con l’aiuto di alcune storiche realtà di volontaria­to e del personale di sorveglian­za. Per i medici e gli infermieri risultati contagiati la procedura del doppio tampone prima del rientro è stata sempre rispettata».

Sul fronte territoria­le è il presidente dell’Ordine dei medici, Guido Marinoni, a chiarire la situazione: «Abbiamo perso più di un mese in cui sia ai medici di base e delle guardie mediche, sia a tutti gli operatori delle case di riposo che avevano sintomi minimi, o diciamo non gravi, non è mai stato fatto il test. Finalmente,

da circa una settimana, l’Ats lo sta facendo anche a loro, per consentire un rientro in servizio. Ma secondo noi il concetto va esteso a tutti i medici, gli infermieri e gli altri operatori di strutture sanitarie, cioè anche a chi sta bene. Bisogna prevenire il più possibile».

Il punto è la mole di lavoro da smaltire, proprio per l’Agenzia di tutela della salute, che esegue i tamponi per gli operatori sanitari nei suoi ambulatori. Ci sono medici guariti, che hanno già terminato la quarantena, che aspettano anche una settimana per essere sottoposti al test, l’unico modo per certificar­e la possibilit­à di un rientro in servizio. Ed è altrettant­o chiaro che anche sui pazienti «non sanitari», i tempi si sono ormai dilatati. Su 4.990 casi positivi, di cui 4 mila ricoverati in ospedale nell’ultimo mese, sono stati 2.653 quelli sottoposti a indagini epidemiolo­giche (poco più della metà), e cioè alla quarantena e poi all’individuaz­ione di tutte le persone che sono state a stretto contatto. Altre 2.330 indagini sono in corso con 80 operatori dell’Ats: ma i numeri dell’emergenza, è evidente, sono andati oltre le possibilit­à del sistema.

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L’appello Papa Giovanni, l’opera dedicata al personale. I medici chiedono che ci sia la giusta prevenzion­e per loro

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