«La mia quarantena in Cina Telecamere e porte sigillate»
La porta chiusa con sigilli e ripresa da una telecamera, guardie giurate che controllano la temperatura a chi entra ed esce dal palazzo, l’obbligo di installare un’app sullo smartphone per tracciare tutti i movimenti. Ha tutt’altro sapore la quarantena in Cina rispetto a quella italiana. A raccontarlo è Ilaria D’Adda, 33 anni di Treviglio ma che dal 2013 vive in Asia, dove è arrivata come studentessa. «Poi ho vinto una borsa di studio per un master alla Zhejiang University — racconta la trevigliese — stavo già con un ragazzo cinese che poi è diventato mio marito. Nel 2016 abbiamo iniziato a lavorare insieme e abbiamo aperto la scuola di italiano che gestiamo ancora adesso».
La scuola l’hanno aperta a Hangzhou, città che conta quasi 10 milioni di abitanti, capitale del distretto di Zhejiang nell’estremo est della Cina, a più di 800 chilometri da Wuhan. Diciotto mesi fa la coppia ha avuto anche una bambina. Quando in Cina è scoppiata l’epidemia, Ilaria e la sua famiglia erano in visita ai genitori del marito per il capodanno cinese. «Il 21 gennaio — ricorda — è stata decretata la quarantena a Wuhan, due giorni dopo quella nelle altre regioni compresa la nostra. Immediatamente nel villaggio dei miei suoceri sono state chiuse le porte e sbarrate le strade d’accesso». A questo punto la coppia ha scelto di anticipare una vacanza in Italia dai genitori di Ilaria a Treviglio, dove ha osservato una quarantena volontaria. Il 2 marzo sono ripartiti alla volta di Hangzhou, dove la situazione si era tranquillizzata, e c’erano stati in tutto 150 persone positive mentre il Covid cominciava a mordere la Lombardia. Per questo appena arrivati i tre sono stati messi di nuovo in quarantena nella loro casa. E il cambio di passo rispetto all’Italia è apparso subito evidente.
«Ci hanno sigillato nell’appartamento — racconta la 33enne — tra la porta d’ingresso e lo stipite veniva incollato un foglio e veniva tolto solo quando ci portavano la spesa. A consegnarcela erano le guardie giurate del nostro condominio, 6 palazzi da 30 piani: a chiunque entri o esca viene presa la temperatura».
La spesa si faceva rigorosamente online ma senza le difficoltà che si stanno riscontrando in questi giorni in Bergamasca. «In media ci viene consegnata in 29 minuti — spiega la trevigliese —, le guardie tolgono il sigillo, sistemano la spesa davanti alla porta, poi si allontano di qualche metro e, quando l’abbiamo ritirata, risigillano». Non è l’unica misura di sicurezza per controllare che nessuno esca. «Lunedì della scorsa settimana — dice Ilaria d’Adda — è venuto un medico dell’ospedale, ci ha provato la temperatura e ci ha fatto delle domande, ovvero se avessimo avuto febbre o tosse e se fossimo usciti nonostante il sigillo o per altre emergenze. Prima di andarsene ci ha fatto firmare tre fogli in cui attestava la fine della quarantena. Quando abbiamo potuto uscire abbiamo scoperto che per controllare in continuo che non uscissimo avevano installato una telecamera diretta sulla porta dell’appartamento. In Cina in ogni caso ogni cittadino ha l’obbligo di installare un’app sul proprio smartphone e di portarlo sempre con sé». Vengono così tracciati gli spostamenti personali, insieme al propagarsi della malattia. Terminata la quarantena Ilaria e la sua famiglia hanno guadagnato il codice verde, che indica che non sono contagiati, e ora possono muoversi liberamente. «La città però non abbassa la guardia — conclude la trevigliese —. Per le strade i controlli continuano e capita spesso che la Polizia faccia posti di blocco armata di termometri».
Ci hanno sigillato la porta di casa con un foglio, che veniva tolto solo quando le guardie giurate del complesso in cui viviamo ci portavano la spesa a domicilio: viene consegnata in 28 minuti
Ilaria D’Adda
insegnante d’italiano in Cina