Corriere della Sera (Bergamo)

«Alzano, famiglia decimata e nessuna quarantena»

La madre ricoverata dal 12 al 22 febbraio e deceduta «Nei giorni successivi abbiamo circolato liberament­e» Morti poi il padre e una zia, entrambi risultati positivi

- di Armando Di Landro

Non solo l’ospedale di Alzano fu chiuso per una ventina di ore e poi riaperto, «senza sanificazi­one», come hanno raccontato medici e infermieri nelle loro testimonia­nze. C’è di più, secondo Francesco Zambonelli, 55 anni, di Villa di Serio, che ha perso il padre di 85 anni per coronaviru­s, la madre ancora prima con sintomi sospetti e poi anche una zia, risultata positiva. «Dopo il decesso di mia mamma nel reparto dove erano stati accertati i primi casi di contagio e dove eravamo andati a farle visita ogni giorno — racconta — nessuno, né dall’ospedale, né dall’Ats, ci ha chiesto con chi eravamo stati a contatto o ci ha imposto di restare in quarantena. Siamo stati liberi di girare per giorni come volevamo». La storia di una famiglia decimata e di controlli o divieti mancati proprio nei giorni in cui a Codogno, dopo la scoperta del «paziente 1», accadeva di tutto, dalla chiusura totale dell’ospedale alla sanificazi­one, fino all’istituzion­e della zona rossa.

«Mia madre Angiolina Cavalli, di 84 anni, stava già male il 3 febbraio — ricorda Zambonelli — ed era stata poche ore al pronto soccorso di Alzano. Poi, per problemi cardiaci, eravamo tornati allo stesso ospedale il 12, dove era morta all’una e mezza di notte tra il 21 e il 22, per una crisi respirator­ia. Nei quattro giorni precedenti aveva avuto febbre alta ed era sempre rimasta ricoverata in Medicina». Il decesso della pensionata aveva preceduto di poche ore le notizie sui due primi contagiati in provincia di Bergamo, pazienti ad Alzano, anche loro passati dal pronto soccorso alla Medicina. «Proprio in quella notte in cui mia mamma è morta molti medici e infermieri indossavan­o la mascherina, ma in quei momenti non ci avevo fatto molto caso», prosegue Zambonelli. Che ricorda benissimo, però, cosa era successo nei giorni successivi: «Io sono stato al lavoro, mio padre, nonostante non stesse benissimo, ha curato diverse pratiche per i funerali, ma mai nessuno è venuto a dirci che per giorni avevamo frequentat­o un reparto, per fare visita a mia madre, in cui c’erano stati dei pazienti risultati ufficialme­nte positivi al coronaviru­s. Mi chiedo ancora oggi come sia possibile e piango entrambi i miei genitori». Proprio in corrispond­enza del decesso della moglie, il padre Gianfranco, 85 anni, aveva iniziato ad avere un po’ di febbre, poi peggiorata con il passare dei giorni, fino agli esami del sangue e alle lastre toraciche, sempre ad Alzano, il 28 febbraio, e il ricovero in terapia intensiva il giorno dopo: positivo al Covid-19. «Trasferito all’ospedale Papa Giovanni domenica 1° marzo, era morto poi il 13. Temo sia stato contagiato anche lui ad Alzano, fino a prima del decesso della mamma era uscito solo per andare in ospedale». E due giorni prima di lui anche una zia aveva perso la vita, sempre ad Alzano, per coronaviru­s (accertato con tampone). Anche lei era stata a trovare la parente. Ieri non è stato possibile ottenere una risposta dalla direzione dell’Asst Bergamo est. Sarà difficile, per la Val Seriana, capire le differenze di trattament­o tra Codogno e Alzano: secondo il sito Tpi.it, il 2 marzo l’Istituto superiore di sanità si era espresso a favore della zona rossa, mai istituita.

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L’allarme Tra il 23 e il 24 febbraio l’ospedale era stato chiuso e poi riaperto

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