IL SILENZIO NON BASTA
«Davvero sono stati inseriti malati di Covid nelle case di riposo in Lombardia? Sembrerebbe una cosa fuori dalla logica». Fabio Fazio, in diretta su RaiDue, chiede. Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di Sanità, risponde: «Non sono in grado di darle questo tipo di informazione. Certo, le Rsa sono tra i luoghi più fragili». Un mese fa l’Ats di Bergamo spiegava la strategia: hotel e Rsa saranno la destinazione dei malati in via di guarigione. «Fuori dalla logica». Ancor meno logico se chi si sta occupando della gestione della pandemia nel Paese, come l’Iss, non ne sa nulla. Ma la sensazione che tante, troppe cose di quelle che sono successe a Bergamo (e a Brescia, Cremona) siano passate colpevolmente inosservate fuori di qui, è sempre più forte. I numeri dei morti nelle Rsa in provincia sono spaventosi. Nonostante l’allarme generale, la preoccupazione e l’opposizione di alcuni direttori, queste strutture sono state obbligate — dall’Ats, che eseguiva direttive regionali — a tenere aperte le porte alle attività dei centri diurni. Cioè a tenere aperti accessi al contagio. Vicende incomprensibili e con esiti dolorosi, che si aggiungono alla lista di cui fanno parte la gestione dell’ospedale di Alzano e la mancata zona rossa. Chi ha operato quelle decisioni oggi sceglie il silenzio o risposte evasive, di fronte alle domande di stampa e cittadini. Non sembra, neanche questa, una scelta logica: le domande verranno ripetute per anni, il silenzio non sarà un riparo.