Chiedono di riaprire 2.372 aziende
«Validate» 900. I medici: test rapidi per chi vuol rientrare. Industriali disponibili
Tra richieste di autorizzazioni e comunicazioni, in prefettura sono arrivate le note di 2.372 aziende, per lavorare nelle filiere necessarie. Per ora, 900 hanno passato i controlli di gdf e carabinieri. Intanto Ats, Confindustria, sindacati lavorano al protocollo sui comportamenti anticontagio nelle fabbriche e c’è apertura sui test rapidi prima del rientro.
«È necessario programmare una strategia del rientro. Se si sbaglia, è una tragedia». Con la schiettezza che lo caratterizza, il presidente dell’Ordine dei medici, Guido Marinoni, sinterizza così la lettera che la Federazione degli Ordini lombardi ha inviato alla Regione e alle Ats. Raccomanda il test rapido immunologico (quando sarà validato) a tutti i sanitari e per gli altri lavoratori, con priorità ai settori urgenti. In caso di riscontro, il suggerimento numero due è il tampone. Questo, per evitare una seconda ondata di contagi. Confindustria, Ats e sindacati stanno affinando il protocollo sui comportamenti nelle fabbriche, ma per ora dei test non se n’è parlato.
Confindustria
Il vicepresidente Agostino Piccinali è aperto alla possibilità. «Se Ats venisse a dirci che c’è la disponibilità dei test e che vanno fatti, nel rispetto della privacy, non sarebbe ragionevole rispondere no. Non possiamo obbligare il lavoratore, ma forse possiamo dirgli che chi non si sottopone purtroppo non può entrare, ma è un discorso da valutare dopo». Per ora il confronto con Ats e sindacati è sui comportamenti in fabbrica: «Stiamo lavorando sul protocollo già esistente, entrando nel dettaglio. Ma vorremmo coinvolgere gli altri attori: se siamo ragionevolmente certi che nelle fabbriche possiamo attuare modalità di lavoro sicure, vorremmo essere certi che i comportamenti fuori non rendano vano questo lavoro».
La zona rossa saltata
Confindustria con il video Bergamo is running, le grandi imprese, la zona rossa saltata in valle Seriana. Lunedì, la trasmissione Report ha chiamato in causa l’economia. «Non abbiamo nulla da rimproverarci, perché non abbiamo fatto nessuna pressione. Quel video è del 28 febbraio, fino al 7 marzo fuori si brindava a spritz, mentre nelle fabbriche dal 24 si erano già messe in atto le norme comportamentali. Il presidente Scaglia l’ha già detto: con il senno del poi, quella comunicazione era sbagliata e ce ne scusiamo. Era per dire ai partner: “non considerateci fuori dalla partita”. La preoccupazione ci sta, ci sta anche la telefonata. Ma dove ci sono competenze precise, bisogna andare a cercare perché le decisioni non sono state prese».
Confimi
«In linea di massima sarebbe la miglior cosa, ma va ancora validata». Paolo Agnelli, presidente di Confimi Industria è scettico sui test immunologici. Più che altro sui tempi e sulla fattibilità. Anzi, si dice arrabbiato: «Sarebbe comunque un’iniziativa tardiva. Quando si inizia? Perché negli altri Paesi i tamponi si fanno a tappeto? Non vorrei fosse l’alibi per tenere chiuse le fabbriche. I clienti non pagano e, a effetto domino, non vengono pagati i fornitori». Ripartire, dice. «Ancora 15 giorni, poi va fatta una riapertura. Controllata, certo, rispettando distanze e protocolli. Intanto, si può iniziare anche con i test».
I sindacati: altre cautele
«Il test può essere utile, per evitare che riprenda il contagio. Tenteremo di inserirlo nel protocollo che stiamo discutendo con Confindustria e Ats». Francesco Corna, segretario generale Cisl Bergamo tira il freno a mano: «La ripresa deve avvenire in condizioni di sicurezza, per evitare che gli sforzi fatti finora si vanifichino». Intanto c’è chi, parte delle filiere necessarie, sta lavorando: «È già previsto che i lavoratori stiano distanziati e protetti. Con il protocollo, si sta discutendo di altri dettagli, come la misurazione della febbre».
Il manuale delle regole
«Già adesso bisogna pensare a un modello nuovo — guarda in prospettiva Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil Bergamo —. Il test sarebbe giusto, anche se al momento difficilmente fattibile. Noi siamo perché vengano messe in campo tutte le procedure per la tutela dei lavoratori. Per il progetto con Ats e Confindustria ci siano dati tempi stretti, qualche giorno, una settimana. È un manuale dettagliato anche sulla base delle domande dei lavoratori. Esempio: devo usare la mascherina? Bisogna dire anche come e quando va cambiata».
Chi riapre e i controlli
Ci sono aziende che, per il codice Ateco che individua il tipo di attività, possono stare aperte perché necessarie. Altre aprono in deroga dichiarando di lavorare nella filiera di chi è già autorizzato. In prefettura sono arrivate 2.372 tra richieste di autorizzazioni, dalle prime, e comunicazioni, dalle seconde. Novecento hanno passato i controlli della prefettura, con cui collaborano la gdf e i carabinieri. Otto, invece, sono state sospese. Diverse le casistiche: da chi pensava di lavorare nella filiera di un’azienda autorizzata ma che non lo era, a chi ha chiesto l’autorizzazione ma aveva già il codice per riaprire.