Dino, la bici e quel record
Trapletti vinse la cronoscalata Gazzaniga-Orezzo
Faceva il calzolaio, ma Dino Trapletti era nato ciclista. Di Cene, per 47 anni aveva detenuto il record della cronoscalata Gazzaniga-Orezzo. È morto a 82 anni, vittima del Covid-19.
Il suo vero nome era Alessandro, ma tra Gazzaniga e Cene tutti lo conoscevano come Dino. Anche Luciano Merla, presidente della Recastello, la mitica società sportiva di Gazzaniga, si è meravigliato, scoprendolo dal necrologio. Del suo amico, nonché tesserato, Dino Trapletti forse non sapeva tutto, ma sapeva ciò che conta. E cioè come e quanto «si stava bene con lui. Sorrideva sempre. Lo vedrò sempre così».
Il carattere giovialmente portentoso era direttamente proporzionale al portento delle sue gambe, capaci di sprigionare sui pedali una forza micidiale. Il fatto è che Dino era nato ciclista. Lo era dentro. Nella vita avrebbe poi fatto il calzolaio, ma quando era in sella alla sua Bianchi, si capiva da come mulinava le gambe che la sua vocazione era un’altra. Non aveva il fisico minuto e guizzante dei grimpeur, ma nella sua fisicità squadrata aggrediva la strada. La azzannava ad ogni pedalata, come se ad ogni giro di catena
❞ In un giorno riusciva a percorrere a piedi 50 chilometri su e giù per le montagne. Sorrideva sempre, continuerò a vederlo così Luciano Merla Presidente Recastello
potesse saldare i conti in sospeso con il talento. La forza centrifuga dei suoi watt muscolari aveva raggiunto l’apice in una tiepida giornata di settembre del 1969. Quel giorno il Dino aveva deciso che non ce ne sarebbe stato per nessuno. Cronoscalata Gazzaniga-Orezzo, terza edizione, trofeo Carminati. Un groviglio di tornanti su 4,5 chilometri, pendenze interessanti, 11-12%, strada sterrata e bicicletta che se proprio non era un cancello, quasi.
Altro che le bici in carbonio. Il tempo del cronometro si ferma a 11 minuti, 27 secondi e 3 decimi. La birra che dà al secondo piazzato, Eugenio Peracchi, sfiora il minuto. Un record che è resistito per ben 47 anni. La Gazzaniga-Orezzo per quasi mezzo secolo è rimasto il regno incontrastato di Dino Trapletti, e solo il talento bergamasco di Oscar Lazzaroni, detto il Cannibale, è riuscito a smantellare tre anni fa. Un primato che nelle microstorie ciclistiche di una valle ha attraversato indenne l’epopea da Gimondi a Fabio Aru.
É questa impresa che nel momento dell’addio contribuisce a rendere a Dino Trapletti un’immortalità non solo sportiva, ma umana. Nella sua bottega di calzolaio, Merla ci passava interi pomeriggi. Il Dino raccontava storie di uomini e bici, Girardengo, Coppi, Bartali e chi si sedeva con lui sullo sgabellino, tra una forma e l’altra, restava incantato. Era una sagoma, uno che sapeva fare le scarpe.
«Se non metti un rapporto più duro non vincerai mai più», disse un giorno il Dino al Luciano, al quale non sembra vero che un virus invisibile se lo sia portato via a 82 anni. «Era una sagoma con il sorriso stampato — dice, con la voce che si spezza —. In un giorno era capace di percorrere a piedi 50 chilometri su e giù per le montagne». Gli piace pensare che il suo amico Dino sia di nuovo tra sentieri e strade in sella ad una bici leggerissima.